recensioni dischi
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XIU XIU  "The air force"
   (2006 )

Quinta fatica discografica per il tenebroso Jamie Stewart e la sua musa Caralee McElroy, affiancati in questa circostanza da Greg Saunier dei Deerhoof (in qualità di produttore e membro non ufficiale). Il connubio di chincaglieria post wave, di solenni aperture classicheggianti violentate da scariche al vetriolo di synth pop e di chitarre, di sperimentalismo post rock e variabili da musica folk e cabarettistica illumina le 11 tracce che compongono “The Air Force” forse con minore intensità rispetto a capolavori come “Knife Play” o “Faboulous Muscles”, ma i risultati sono sempre ottimi. Ed è pure intatta la poetica del gruppo, la solita “Ian Curtis Wishlist”, per citare uno dei brani più famosi del gruppo californiano: le sofferte interpretazioni di Jamie, i suoi testi lancinanti tra Dennis Cooper e Yukio Mishima, amore e morte che si inseguono in un forsennato gioco d’ombre. Caso mai il linguaggio sonoro tra questi solchi si è ulteriormente affinato, arrivando a scavare momenti di concisione pop praticamente perfetti nel consueto tourbillon rumorista: ”Boy Soprano” ad esempio, che si regge su un fantastico giro d’ organo che ipotizza una futurista “Decades” dei Joy Division , e con un testo come sempre torbido (“pulling out a bat at the Kill Me Court / slaps me that I can't handle you / but yes no yes no yes / tell me how to live / boy soprano / take me away from here”) che sembra rispondere al celebre quesito curtisiano di quel pezzo, “Here are the young men, where have they been?”. Altri highlights di pop sinistro e obliquo sono la pianistica “Buzz Saw”, l’haiku crepuscolare “Hello From Eau Claire” (cantata da Caralee) e soprattutto “Vulture Piano” (un arpeggio rubato a Johnny Marr e inserito in un lancinante muro del suono) e “Save Me” (“She’s Lost Control” passata in lavatrice), eccellenti nel dimostrare quanto nessuno come Jamie abbia saputo rinnovare il canovaccio new wave in questi anni. Non mancano certamente i momenti per chi rimpiange la claustrofobica e contorta introversione dei dischi precedenti: minisuite surrealiste come “The Fox And The Rabbit” e “Pineapple vs. the Watermelon” ammaliano coi loro intrecci di violino, piano e sintetizzatori, mentre la rarefatta “Wig Master” chiude il sipario, a fari spenti, tra musica soffusa e testi come “Loneliness isn't being alone / It's when someone loves you / And you don't have it in you to love them back”. Certo, Jamie Stewart ha capito tutto dell’amore. (Junio Murgia)