recensioni dischi
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DENIAN  "Nel giardino degli assenti"
   (2020 )

L’impressione generale che ricevo da questa prova dei Deniàn è quella di una band alla ricerca di ispirazione, che un po’ si perde dietro a certo mélo mediterraneo intento a fare il paio con certe tensioni americane.

C’è una squadra tecnicamente preparata a sorreggere un impianto acustico e l’aggiunta di un violino aiuta la rincorsa di certe atmosfere d’oltreoceano.

E’ un lavoro che non mi convince sotto diversi aspetti, a partire dalla voce femminile. Educata ma senza grande personalità, qualche eco della Consoli, fortunatamente senza indugiare troppo negli avverbi. Certa affettazione e scolastica impostazione mi rende difficile trovare credibili le liriche che finiscono per sembrarmi tanto ricercate quanto lontane dal vero, scritte senza l’urgenza di doverlo fare.

Si capisce – per intenderci – che c’è del lavoro di ricerca dietro ai testi, ma al tempo stesso non percepisco la genuinità che vorrei trovare. Il risultato è quello di ascoltare parole che non mi trasmettono un messaggio e che non mi invitano a delle riflessioni o a voler essere riascoltate, approfondite.

Purtroppo nemmeno la scrittura musicale mi fa saltare sulla sedia. Le soluzioni armonico-melodiche sono molto lineari, finendo per appiattire l’ascolto, ad esclusione de “il treno”, unico brano della raccolta che trovo piuttosto divertente e godibile sotto l’aspetto strettamente musicale, dove c’è anche lo spazio per un solo chitarristico pregevole e misurato. Mentre lo ascolto mi torna alla mente Pino Daniele.

In conclusione, un disco che trovo più acerbo che brutto. Ci sono delle canzoni certamente non memorabili ma confezionate in modo garbato, una voce non ancora connotata, una band che suona benissimo.

Non si mangia una caramella convinti che questo possa sovvertire l’ordine delle cose, sia chiaro. Da una caramella ci si può solo aspettare che sia buona.

Auguro ai Deniàn di trovare le giuste dosi, tra cacao, latte e nocciole… Nel “Giardino degli assenti” purtroppo manca sicuramente un Raffaello… Prendo quello al fondente, via. (Alessio Montagna)