recensioni dischi
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INTERPRETI VARI  "BolognaSound Vol.1"
   (2021 )

La Slowth Records apre i battenti con una missione precisa: promuovere la musica sperimentale, materia che richiede ascolti attenti e concentrati, e infatti nel logo della label appare il bradipo, un animale, certamente, non tormentato dalla fretta, e che si può anche immaginare, con un po' di fantasia, come un essere poco superficiale, abituato a non sorvolare sulle cose, data anche la lentezza con cui le attraversa.

Come prima pubblicazione, la neonata etichetta ci fornisce uno spaccato delle nuova scena elettronica sperimentale della città di Bologna, con il profetico titolo ”BolognaSound Volume uno”, come dire che ne seguiranno altri, rimanete in contatto.

BolognaSound, espressione della vitalità artistica del capoluogo emiliano, è rappresentata da cinque artisti, cinque scultori del suono. Ne fanno parte compositori più maturi come Faraci e Carcassi e giovani musicisti come Pipia e Mendittîo, che grazie alla tanta passione, alle solide basi e alla preparazione specifica nel campo (aiutati dal ruolo fondamentale giocato dalla Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio “G.B.Martini") sono capaci di raccontare senza l’uso della parola (tranne che nell’ultimo estratto, ma è un discorso a parte) paesaggi sonori sospesi, mutevoli e carichi di presenze impalpabili.

Il risultato si colloca tra la musica elettronica, l’installazione sonora e l’improvvisazione.

I cinque progetti scelti per rappresentare la scena ci descrivono altrettanti modi diversi di affrontare il genere: si passa dal suono frammentato di Njordzitrone, con gli scenari futuristi di “BIID Elisea”, al lavoro di Federico Pipia, in grado di far coesistere suoni di diversa natura (sintetica, strumentale, zoomorfi, e soundscape) nella sua sinfonia di 12 minuti “Crac”, fino alle cupezze di Daniele Carcassi, che gioca con le dinamiche piene e vuote per rendere in modo minuzioso la percezione materica delle sue “Striature”, ed a “Core” di Marco Menditto, che tra campanellini striscianti, onde radio e suoni tribali, ci porta in un mondo per niente rassicurante, fino alla composizione che chiude la raccolta, l’unica ad utilizzare la voce in modo narrativo (ma non convenzionale), ovvero “Un giardino improvviso” proposto da Simone Faraci con il supporto della recitazione di Valeria Girelli, episodio che ci guida in un percorso interiore, prima scandito da passi che diventano voci che mutano in canto, e cinguettii per riconnettersi e perdersi in un magma sonico che rappresenta il ritmo complesso della natura. Un viaggio carico di significati, originalità e ricerca, molto interessante.

Acqua che scorre o in gocce intermittenti, ingranaggi cigolanti, lavatrici in risciacquo e in centrifuga, campane, campanellini modulazioni e onde radio, sirene urticanti, voci trattate, spezzate e compresse; bordoni, squittii, cinguettii, ronzii, pioggia, tuoni, lampi e tanto altro: insomma, in queste cinque tracce c’è di tutto.

Se affrontata con la giusta predisposizione, questa raccolta si potrebbe rivelare un’esperienza sonora davvero immersiva e coinvolgente. Una Bologna nascosta e tutta da scoprire. (Lorenzo Montefreddo)