recensioni dischi
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PAAR LINIEN  "Paar Linien"
   (2021 )

Il musicista, sassofonista e compositore Nicolas Stephan, torna sulle scene con un nuovo lavoro in studio sotto il nome di Paar Linien. Il suo percorso da improvvisatore inizia dal collettivo Soprannatural Orchestra, dove lui milita per 20 anni di carriera, con una buona risposta a livello mondiale da brividi. Questa nuova creatura prende vita a Parigi, dall’incontro di Stephan e il collettivo Basile Naudet. Il desiderio è quello di creare un mondo sospeso avvolto da emozioni incredibili, con la massima libertà di giocare, sperimentare e trovare nuovi stimoli. Per un riflesso di noi stessi sulla vita quotidiana di tutti i giorni. La formazione principale comprende il batterista Augustin Bette, altro compositore eccellente, e il musicista belga Louis Freres al basso, per completare un trio formidabile. L’album viene prodotto per l’etichetta francese Discobole Records, il nucleo di Paar Linien (che tradotto in tedesco vuol dire “poche righe”) riflette un passaggio di composizioni che convivono sulla stessa linea d’onda, come una poesia incantevole e originale.

L’apertura tecnica di “Lignes # 1”apre il mondo matematico e complesso per il susseguirsi di cambi fuori dal normale. Segue la seconda parte molto lunga in “Lignes # 2”, dove il sassofono si immerge con tutta l’anima nel viaggio virtuoso, su una buona dose di fusion d’avanguardia stile Frank Zappa. La batteria precisa segue alla perfezione il lavoro senza perdere la bussola, nel finale il caos frenetico rallenta in modo sensibile. “La Danse De Tristan” presenta un basso macchinoso e stupendo, che ad ogni colpo di rullante scandisce un vortice caldo e ben strutturato. Nel bridge della chiusura il solo di sassofono si collega alla follia pazzesca della seguente “Lignes # 3”, una terza parte complicata da apprendere, che in modo geniale fa un balzo ulteriore in avanti.

Nel quarto atto di “Lignes # 4” il discorso cambia di poco, infatti il basso mantiene sempre il suo mood ipnotico sui cambi irregolari di synth e sassofono. Un brano sperimentale e neoclassico. Invece sulle note sospese e ritmate prende vita la seconda composizione lunga di questo disco, la sofisticata “Grand Maguerite”, che come una cantilena si sposta su un tempo quasi krautrock, con meno oscurità ma dall’impatto sonoro profondo. Nel finale viene aggiunta una linea vocale, stile progressive, che avvicina la traccia a qualcosa simile ai King Crimson, il risultato è molto importante. Verso la fine ci soffermiamo su una delle opere migliori dell’album, l’atmosfera spettrale di “Acts of Violence” disturba l’ascoltatore su un tappeto sporco che distorce la mente. Il rumore di fondo leggero e rilassato di “Lignes # 4” torna in modo prepotente con un tiro antico ma godibile. Chiudendo l’album con “Les Èborgnès”, un’ennesima struttura ricca di dissonanze fuori dal mondo, per la giusta conclusione ad effetto.

Un disco completo, studiato alla perfezione, dove la grande maggioranza di suoni rendono l’ascolto complicato e, nella sua durata, forse un po' noioso. Nonostante questo la classe del musicista Stephan apre nuovi orizzonti e ottimi punti di riferimento sulla scena underground del momento. (Simone Catena)