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TINE SUREL LANGE  "Works for listening"
   (2021 )

Copio e incollo l’incipit di una precedente analisi: quanti di voi hanno provato per gioco a battere a tempo i piatti con le forchette? L’altra volta si parlava di Ai Yamamoto, artista giappo-australiana che realizzava creazioni sonore partendo dagli oggetti di casa. Il suo esito creativo è sorprendente, ma ha comunque un elemento giocoso. Invece qui, con Tine Surel Lange, l’utilizzo di rumori tratti dal quotidiano assume un approccio problematico e critico. Nel suo lavoro “Works for listening” (appena uscito per Sofa Records), l’artista norvegese dà ai propri esperimenti un sapore d’indagine psicologica. I suoni di metallo in “Metal and spoon”, liquidi in “Metal and water”, solidi e tonanti nelle tre tracce chiamate “Roof work”, sono dilatati, resi tridimensionali, e moltiplicati. L’esperienza non è solo immersiva, ma anche invasiva. I suoni scavano, e hanno spesso un che di oscuro; anziché rivelare qualcosa, come con Yamamoto, nascondono qualcosa, diventano misteriosi. Alcuni rumori sembra quasi di toccarli, ci si avvicina davvero all’esperienza tattile solo ascoltando. Scartabellare scartoffie, macinare detriti, scivolare in una cascata rimbalzando su pelli vibranti (“Water and stone”).

La traccia più enigmatica è “Sunset rising”. Con cos’è fatta, con l’aria? Con le radiazioni solari? Di fatto, lì siamo in una drone music a tutto campo, un impulso quasi motorizzato ci gira intorno, variando gradualmente il proprio timbro. Si sente la tipica precisione cristallina del sound artist, quale Lange è. Il suono non è solo rappresentativo di qualcos’altro, diventa esso stesso un’entità, ed è per questo che è sfuggente. Se ti distrai infatti, non t’accorgi che quella traccia si conclude e si collega direttamente con la successiva, dal titolo opposto “Immersed”. Dal sole all’oceano, dalle fiamme alle onde sottomarine. Stridore di ferro invece per “Wires”, che dopo sette minuti di sfrigolii sempre più chiassosi, sembra che si formi una resistenza elettrica con il suono grave generato, che resta attivo fino al decimo minuto (è la traccia più lunga dell’album).

Infine “Muorjegarggu” è un titolo di difficile traduzione, ma cercando “garggu” sul browser ho trovato siti su rocce, scogli, basalto e affini. Infatti, la traccia si apre con una camminata e dei sassi, e ci si tuffa improvvisamente sott’acqua. Gradualmente si passa dall’acqua alla consistenza della ghiaia. Nell’album quindi sono contrapposti rumori casalinghi, di materiali che potremmo trovare nelle vicinanze, e rumori di ambienti molto più vasti e naturali. Una riflessione, senza alcuna retorica, sulla somiglianza materica tra gli elementi originari in natura e i suoi prodotti trasformati dal tocco umano. E tutto questo solo “ascoltando”. Da qui il titolo “Works for listening”, perché Tine Surel Lange ci chiede che il nostro ascolto non resti ricezione passiva, ma elaborazione attiva. (Gilberto Ongaro)