recensioni dischi
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PHOLAS DACTYLUS  "Concerto delle menti"
   (1973 )

Formazione originaria del bergamasco, i Pholas Dactylus rappresentano oggettivamente l’ala più geniale e creativa di tutto il movimento prog italiano degli anni settanta e oltre. Il loro Concerto Delle Menti è un assoluto e stravagante capolavoro, tanto genialoide quanto incatalogabile e irripetibile, dove le barriere stilistiche tra i vari generi vengono abbattute in favore dell’inaugurazione di un inedito edificio sonoro poggiato saldamente sulle fondamenta di una musica così abbondante di motivi ispiratori tanto da poter essere definita totale. Ai limiti dell’avanguardia per il loro approccio alla materia musicale, aperto e senza alcun confine, i Pholas Dactylus riescono a pubblicare questo solo album per l’etichetta Magma grazie all’interessamento di Vittorio De Scalzi dei New Trolls.

Concerto Delle Menti non è il solito disco di rock progressivo più o meno valido, piuttosto si tratta di un entusiasmante esperimento sonoro di grande fascino che, proprio per questo, risulta essere più unico che raro nel vasto panorama del rock italiano e internazionale di tutti i tempi. Stupisce fin dall’ascolto delle prime note l’eccitante diversità e stramberia delle musiche, degli arrangiamenti, delle liriche, della poetica, la geniale naturalezza e inventiva con la quale i musicisti coinvolti affrontano nuove vie espressive dando corpo ad una fantasmagorica compagine di esplorazione artistica. Gli oltre cinquanta minuti della suite divisa in due parti si avvalgono di un inizio sconcertante ed efficacemente esternato dalla ipnotica voce di Paolo Carella, il quale non canta ma declama versi apocalittici, impregnati di riferimenti biblici, mitologici e contraddistinti da un evidente quanto intrigante simbolismo.

I testi e le musiche sono talmente efficaci che riescono a catturare l’attenzione anche dell’ascoltatore più distratto, tanto da creare l’illusione di trovarci proiettati in un mondo parallelo costituito da immagini olografiche in continua mutazione genetica. Non c’è un solo attimo di tregua, la musica ruota intorno a sé stessa, si allontana e poi ritorna, sospinta da infinite fughe centrifughe e centripete i cui protagonisti, gli strumenti, a volte paiono impazzire. Non mancano momenti di quiete e di “raccoglimento”, quasi a rallentare quella corsa forsennata verso gli abissi del caos, come a concedersi un attimo di tregua e respiro prima di tornare alla battaglia. Il chitarrista Eleino Colledet si cimenta in un lavoro di certosina ricerca di nuovi suoni piuttosto che affondare nell’oceano della solita banalità fatta di assoli scontati, improbabili o comunque non più in grado di stupire.

L’improvvisazione pare caratterizzare l’intero lavoro, in realtà esso si giova di una perfetta direzione musicale dove ogni singolo guizzo, armonico o atonale che sia, possiede la propria precisa collocazione all’interno dell’intera economia sonora. Difficile descrivere con le parole l’incommensurabile carica emotiva che il Concerto Delle Menti è capace di trasmettere, ancora più laborioso è tradurre in sensazioni i testi allucinati, psichedelici e visionari di Paolo Carella.

Peccato che il progetto per un secondo album allora sia stato appena abbozzato e sia venuto alla luce solo a distanza di quarantasei anni (''Hieros Gamos'', 2019) con tre membri della formazione originaria e due nuovi musicisti. Concerto Delle Menti è uno dei più superbi esempi di musica contemporanea (progressive in questo caso è un termine riduttivo) che sia mai stato prodotto in Italia, e forse anche all’estero; semplicemente grandioso. (Moreno Lenzi)