recensioni dischi
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SAMBA TOURE'  "Binga"
   (2021 )

Samba Touré è un cantante e chitarrista maliano, discepolo del grande Ali Farka Touré, ed esponente di spicco di quello stile musicale che viene definito desert blues.

Un genere che rimanda nei suoni al blues delle origini convertito però ai ritmi ipnotici e agli strumenti di quella parte di Africa che circonda il deserto del Sahara.

E in particolare in questo disco, uscito per Glitterbeat Records, Samba Touré si concentra sul sound della sua terra natale, la regione di Binga, e con un piccolo gruppo di musicisti registra sul posto per cogliere l’intima essenza della musica Songhoy.

Un’operazione in contrapposizione alla sua produzione precedente per l’essenzialità degli arrangiamenti, per la riduzione di personalismi e assoli, alla ricerca di una comunione tra strumenti che si incastrano per stratificazioni in autentici vortici sonori che stregano l’ascoltatore portandolo in una sorta di trance.

Il suono del ngoni, un antenato del bajio, e il ritmo del calabash, una percussione ricavata dalla zucca, si sommano agli ostinati riff della chitarra di Samba, al suo canto sommesso, ai cori che, in continui saliscendi dinamici, generano un sofisticato gioco di aggiunta e sottrazione che dà tensione e movimento ai brani di “Binga”.

Un procedimento simile a quello della musica elettronica, ma qui non ci sono software, loop machine o computer, è tutto suonato con lo slancio e il sentimento di chi nelle canzoni racconta sofferenza, guerre, privazioni e divieti, basti pensare che la musica è vietata dalla legge della sharia e quanto faticoso sia vivere in quei territori.

E tutto ciò si percepisce anche senza conoscere una parola della lingua songhoy: fin dalla prima nota “Tamala”, il brano che apre il disco, con la forza persuasiva dei suoi cori femminili, ci prende e ci carica su un volo low cost per Timbuktu.

Un senso di immersione che prosegue per tutto il disco tra i blues più dolenti, come “Atahar” che denuncia le carenze del sistema scolastico maliano, o “Terey Kongo”, intimo tributo alla storia songhoy, ai ritmi avvolgenti del singolo “Sambalama”, a ”Instrumental”, immaginaria soundtrack per il nuovo ”Paris Texas” girato nel deserto del Sahara, fino al tributo all'ex capo della federazione calcistica maliana “Kola Cisse”, alla forza trascinante di “Andunya”, al disarmante sconforto in “Fondo” di fronte al dramma dell‘immigrazione giovanile, sino a “Sambamila”, una doorsiana “The End” ambientata su un ramo del fiume Niger.

“Binga” può essere una rivelazione per chi non conosce il genere, una porta per entrare in un mondo tutto da scoprire, accompagnati da un artista come Samba che, nonostante la fama internazionale, dichiara di non aver mai abbandonato le sue radici e di essere rimasto sempre un fiero songhoy e maliano.

Beh, a ‘sto punto basta fare le valigie, chiudere il gas e partire. Buon viaggio. (Lorenzo Montefreddo)