recensioni dischi
   torna all'elenco


JON ROSE  "State of play"
   (2021 )

Anche se questo è un doppio disco, potrei riassumerlo in una parola: corde. Si calmino gli amanti dello shibari, non c’entrate qui. Il settantenne Jonathan Anthony Rose, alias Jon Rose, probabilmente ovunque ci siano corde, deve aver trovato il modo di sonorizzarle. Questo “State of play”, uscito per ReR Megacorp Records, raccoglie innumerevoli testimonianze della creatività dell’artista australiano. Oltre a comporre, Rose è anche costruttore di strumenti personali, realizzati con automazioni e midi, e grande sperimentatore. Il suo archetto non si appoggia solo al suo violino, ma anche ad esempio alle ringhiere (come in “Great fences of Australia”, del 1983).

Il primo cd è composto da 19 duetti di Jon con altri musicisti. I primi quattro brani sono per violino e sax soprano, esplorando le loro possibilità timbriche e rumoristiche. Nel quarto, “Asian centuries”, Rose usa il violino “thai pumpkin soup” per ottenere un suono ondulante. I successivi sei brani sono per keyolin (un violino monocorda, sfregato con l’archetto, al quale sono collegati tasti bianchi e neri che intonano le note) e una nyckelharpa – se mi metto a spiegarvi ogni singolo strumento, dovrei scrivere dieci pagine. Perdonate se glisso qualcosa, perché qui è tutto così! Infatti poi incontriamo El Lubricato, una corda percossa con dei tasti da telegrafo, e un disco rotante. Ad un certo punto sembra di sentire un trapano, perché le “note” ottenute, vengono legate con un glissato meccanico, che ricorda le modulazioni della punta di un Black & Decker quando fora il muro. Lo “slow bow automaton” invece, sono quattro corde con archetto automatico, e il musicista si limita a modificare l’accordatura per aumentare o diminuire l’altezza dei suoni prodotti. SARPS invece sono percussioni semi automatiche. Il violino Saint Sebastien ha un timbro che confonde, perché in certi momenti sembra un fiato. E chissà per quale motivo un violino a 12 corde è stato nominato “Clusterfuck”!

Passando al secondo cd, ci sono sette composizioni. Ma ognuna ha sorprese, anche esilaranti. “Music in a time of dysfunction 3” è per violini, violone, viola, violoncello, violini cinesi volutamente scordati, e… the web: una rete automatica a 32 corde, con doppio plettro rotante. Entusiasmante “Singing up the harbour bridge”: è una composizione per coro di 6 voci e… un ponte. Jon Rose ha attaccato dei microfoni in quattro punti dell’Harbour Bridge di Sydney. Si incontrano così le vocali del coro, con le giunture del ponte (ricordano il legno delle barche in mare) e una vibrazione di fondo (tipo drone music) creata dal traffico. Dall’Australia passiamo all’Italia con “Elastic Band”. L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna esegue questa composizione per orchestra e violino solista, e qui si sente l’eredità compositiva di Rose, tra riferimenti a Ligeti, Bartok e Saint-Saens, che confluiscono nella sua identità, per l’appunto “elastica”. In “Duelling banjo and banjo duality” si suona un violino tenore (che sta a metà tra viola e violoncello), e alle braccia del musicista sono collegati degli accelerometri che azionano due banjo midi. Vi bastano come sorprese?

Altrimenti passiamo a “Hills Hoist music”, dove Jon Rose fa suonare uno stendibiancheria! E per questo guadagna la mia devozione, in quanto incallito bighellone. Ne mancano due, resistete! “The gamble”: un “data piano” e un “data violino”, contengono rispettivamente i rumori di casinò di Las Vegas, e i rumori di Wall Street. Questa ha anche un significato sociale: si confrontano i ricchi che si arricchiscono, e i poveri che disperdono i risparmi nelle slot machine. E infine “Music in a time of dysfunction 1”: eseguita al Museo Rosenberg, i musicisti attivano costantemente gli interruttori della luce, tramite pedale, mentre Jon Rose attiva scariche elettriche. Elenco gli altri strumenti: keyolin, violini, plettrafono, organo “stressato”, recinto.

Questo è l’universo di Jon Rose, e il titolo del doppio disco è davvero azzeccato: il suo state of mind è uno state of play. Se lo incontrate con l’archetto in mano, potrebbe suonare il vostro cancello! (Gilberto Ongaro)

Jon Rose · The Ascending Aorta - Artery