recensioni dischi
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JEWELER  "Tiny circles"
   (2021 )

I Jeweler vengono da Minneapolis nel Minnesota, ma quando si tratta di comporre musica fanno di tutto per dimenticarselo.

Le loro fonti di ispirazioni sono, principalmente, di derivazione britannica, tra shoegaze e post punk, anche se poi i brani tendono ad avere sempre aperture melodiche che strizzano l’occhio ad un pop trattenuto, scarno ma elegante.

Il leader della band Michael Voller, con tanto di laurea in ingegneria aereospaziale, e all’eterna ricerca di un sound personale e distintivo, racconta di essere partito, in fase di composizione, assemblando una serie di loop che gli hanno suggerito il titolo dell’opera “Tiny Circles”. Ma se il metodo potrebbe far pensare ad altri sviluppi, il risultato, grazie anche al supporto del guru locale Elijah Deaton-Berg, è un disco omogeneo composto da un sound figlio di bassi ombrosi e chitarre circolari, ma che si distingue per sobrietà ed essenzialità, per l’uso misurato delle incursioni dei synth e per un mood interpretativo delicato, fragile e un po’ distaccato.

Come dicevamo i riferimenti sono tutti al di qua dell’oceano: dalle armonie alla Slowdive e alle ritmiche “motorik” tipiche del krautrock, e ripescate in tanta new wave degli anni ottanta e non solo. Si nota anche qualche tentativo di abbordare il pop raffinato alla XTC come nell'ottima “Lion Tamer”.

Anche la voce dolente e sognante tipica del genere è una caratteristica di gran parte delle tracce incluse nell’opera di debutto dei Jeweler, come nel brano più riuscito dell’album, l’ispirata ballad retro futurista “Don’t Cry For Me”, ma anche nelle sospensioni ariose di “Dust” o tra gli accordi tremolanti e i ricami chitarristici di “Betrayal”. Un’emotività sussurrata condivisa anche nella rassegnazione incantata di “A Spoonful of Poison” e nel scintillante refrain del singolo “Savior Complex”, o nelle lenta immersione nel liquido amniotico della title track “Tiny Circles”.

Il disco termina con uno tra i brani più ipnotici che ci lascia con l’interrogativo lisergico “Who is Your Flower?”.

Quale sia il fiore dei Jeweler non lo possiamo sapere ma sicuramente sta per sbocciare, e questo disco dimostra che manca poco alla definitiva fioritura.

Una bella scoperta, un buon esordio quello dei Jeweler, e anche se per il momento non sono abbastanza distintivi per essere “the next big thing”, sarebbe sbagliato perderli di vista.

E se il capo “gioielliere” Michael Voller continuerà a crederci, arriverà presto a creare il suo agognato oggetto più prezioso. (Lorenzo Montefreddo)