recensioni dischi
   torna all'elenco


DARIO SKEPISI  "Paradossalmente"
   (2021 )

Una connessione tra Napoli e gli Stati Uniti era stata trasformata in musica dal compianto Pino Daniele. Ora, accade una cosa simile cambiando le coordinate: Bari e il Brasile.

Il cantautore Dario Skèpisi ha notato le affinità fonetiche tra il portoghese parlato in Brasile, e il dialetto barese; questa unione viene suggellata da un jazz elegante, che ci fa ascoltare quegli arzigogoli rarissimi delle progressioni raffinate di accordi, tipiche della musica brasiliana, nel suo album “Paradossalmente”. Che inizia con la titletrack, cantata in italiano, che ricorda certe atmosfere di Sergio Cammariere.

Ma si entra nel vivo dell’esperimento con “Barisiliano”, chiaramente un neologismo che unisce Bari + brasiliano. Qui si percepisce l’intuizione di Skèpisi: il barese, con la sua inflessione sulle vocali, più chiuse che in italiano, si sposa bene con il samba brasileiro.

L’accostamento è ancora più efficace in “Tiimbe nge vole”, sostenuta da un piano elettrico; sembra la risposta pugliese a “Mas que nada”. “Nel vento” ospita una fisarmonica, immersa nel ritmo (forse) beguine – faccio ancora confusione coi ritmi latini, basta spostare un accento e sei in un’altra nazione.

Con “Cape uastate” si entra nel funky, col super basso carico di groove, e un inciso melodico suonato all’unisono da sassofono e chitarra elettrica col wah wah. Dario azzarda addirittura un rap vecchia scuola. In una parola: yeah!

E se Pino Daniele ha scritto “Napule è”, Dario Skèpisi cerca di dare alla luce un brano rappresentativo della propria città: “U core de BBare”. Solo il tempo ci dirà se il pezzo arriverà a tale iconicità, ma intanto le caratteristiche potenziali ce le ha: lentezza, accordi di settima maggiore, melodia fischiettante, e suggestioni testuali: “Pura quanno chiove nesciune se n’avverte, ca non cangia nulla”.

Torna il groove con “Amambarà”, partendo con un funk che a sorpresa si trasforma in bossa nova. “U monde russe” ricorda lo stile di Chico Buarque, mentre con “Padrone mio” cambiamo continente per un attimo, perché le coordinate sonore sono di matrice africana, dal coro all’inizio e dal suono di tastiera che risponde al cantato.

L’album finisce senza parole, con “Soli”, fatta di chitarre acustiche e saudade. Passate di qua, per fare un giro a Rio de Bari! (Gilberto Ongaro)