recensioni dischi
   torna all'elenco


SWING OUT SISTER  "It's better to travel"
   (1987 )

Alla fine la gente si stava anche, lentamente, stancando. Di tutta questa roba sintetica, elettronica, priva di altro che non i piripiripiripiri sparati su tastiere, magari portate a tracolla in stile Sandy Marton. E la seconda ondata di british invasion portò qualche leggera modifica, con una specie di cool jazz a cui fecero riferimento Sade, i Simply Red, Matt Bianco e vari seguaci: atmosfere fumose, sempre, ma fumo che usciva da sigarette incenerite da lunghe ore nei pub.

Uscirono anche loro, quindi: due musicisti a cui si unì tal Corinne Drewery, algida bellezza costruita con il goniometro, vedi frangetta scolpita sulla fronte e soprattutto spalline su cui ci si sarebbe potuto appoggiare un tomo del Mahabharata senza rischi per la giovin pulzella. Ma la voce c'era, e questo mix di elettro-jazz, con tanti fiati (magari erano poi solo sintetizzati e sparati anche loro dalle tastiere, ma non stiamo a guardare il capello) e tanta allegria ad uscire dalle note di "Surrender", in primis, da "Break out", "Fooled by a smile" e "Twilight world", i singoli usciti da un album di discreta fortuna.

Magari i puristi dell'easy listening e del jazz potevano storcere il naso, ma era un buon bignamino per chi volesse allontanarsi da Nick Kamen e dagli Europe, dominanti all'epoca. Fuoco di paglia? Le quotazioni del trio - diventato comunque duo già dal disco successivo - iniziarono a calare anno dopo anno, album dopo album, senza particolari motivi di qualità: forse la risposta poteva darcela Corinne, da ex disegnatrice di moda: quello che si indossa una primavera diventa orrore la primavera dopo, e vai te a sapere perché. (Enrico Faggiano)