recensioni dischi
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FALKEVIK  "New constellation"
   (2021 )

E' raro trovarsi ad ascoltare per la prima volta un sound e rimanerne incantati all'istante. Eppure coi Falkevik si è assolutamente in grado di farlo.

Ipnotica, fresca, e accattivante, sono i primi aggettivi che mi sovvengono per definire la loro musica. E' Jazz? Beh, sì ovviamente. Pop? Anche, ma di quello realizzato con tanto buon gusto. Elettronico e sperimentale? Certo, nella giusta misura. E allora perché circoscrivere questa libertà espressiva in qualcosa di definito? Con il loro secondo lavoro dal titolo ''New Constellations'', pubblicato lo scorso 17 settembre per la Dabrant Music AS, i Falkevik sono semplicemente da ascoltare e godere nelle loro performance, live compresi.

In questo trio norvegese l'eleganza la fa da padrone. Il piano reverberato e la voce incantatrice di Julie riescono a mescolarsi perfettamente ai suoni elettronici e agli strumenti egregiamente padroneggiati da Ellen e Marius. Spazi aperti, sospesi tra terra e cielo, in un turbinio di sensazioni malinconiche, siderali, romantiche, aggressive e fiabesche. Loro sono l'esempio vero di fluidità, di abbattimento di muri e generi di cui si straparla tanto in questi ultimi tempi.

L'album, come da loro stessi dichiarato, inizia dove finisce il precedente ''Louder Than l'm Used to'', uscito nel 2018, in una sorta di continuità, ma 'espandendone gli estremi e portando tutto ad un livello superiore'. Ogni passaggio è studiato e raccontato con un'evoluzione perfetta e sempre varia, col giusto equilibrio tra le parti come in ''Amplify me'' (primo singolo) e ''Walts'' (due brani molto legati tra loro). Tutti i brani quindi si rivelano sempre una sorpresa, quasi a trovare una strada ogni volta nuova, diventando anche vere e proprie colonne sonore come in ''Changeable'' e ''Amputation'', passando da melodie pop più comode ad altre più corali, spiazzanti e dissonanti. 'Proprio come l'oceano, la musica spazia dalla calma fino al caos ruggente in pochi attimi'.

Sperimentazione raffinata allo stato puro dunque. Un album in lingua inglese, le cui tracce, già dal titolo raccontano un viaggio interiore, fino a concludere con un brano in norvegese, intimo e cullante. Una sorta di firma per affermare la propria territorialità, nonostante l'esplorazione oltreconfine intrapresa. (Alessandro Buono)