recensioni dischi
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NEIL YOUNG  "Harvest"
   (1972 )

“Out On The Weekend”, incedere costante, melodia trasognata ed un’armonica delicata. L’incipit di “Harvest” è tra i momenti più rilassanti ed equilibrati del rock. Semplicemente perfetto.

Con la title track si passa a sonorità più country; una cadenza blanda ed il miagolio fatato di Young sono le caratteristiche peculiari del brano. “A Man Needs A Maid” invece accentua l’intensità del disco, con il piano ed i fiati in un magnifico crescendo. Tutto il brano è poi ricamato dagli archi e da numerose sonorità che confluiscono in una ballata tempestosa, anche se mai minacciosa.

La canzone che segue va al di là di queste lievi distinzioni. È semplicemente bellissima, un affresco del sole che tramonta dietro la collina, mentre un vento dolce ci scompiglia i capelli. “Heart Of Gold”. “Are you ready for the Country”, pur mantenendosi su buoni livelli, fa svanire la magia che permeava i primi 4 brani, splendidamente legati da un’interpretazione melodica costante e coerente.

Una chitarra acustica dal sapore folk apre “Old Man”, dolce ballata agreste, caratterizzata da un ritornello coinvolgente. Con “There's A World” si spezza un altro equilibrio; le orchestrazioni suonano proprio fuori luogo e sminuiscono il valore dell’ennesima ballata magistrale di Neil. Con “Alabama” troviamo invece l’invettiva politica, supportata da un’inusuale chitarra elettrica e da un canto corale ed epico. Ed il risultato è ottimo.

“The Needle And The Damage Done” è una breve nenia suonata coi colori dell’alba e ricamata coi primi raggi del sole. Un piacere ascoltarla. “Words” è uno dei pezzi più rock del disco. Un tema semplice, movimentato dal piglio aggressivo della chitarra ed ampliato dall’affascinante digressione strumentale. Ma sinceramente, trovo il signor Young più consono a ballate tenui e melodie lunari, piuttosto che canzoni hard rock.

“Harvest” è l’album più venduto del 1972; oltre a sdoganare definitivamente la musica country, ed in particolare il country-rock (o forse pop), ha da insegnare a tutti in fatto di songwriting. È un disco molto orecchiabile, in cui Neil Young cerca (e perde continuamente) un equilibrio musicale assoluto. Forse ciò che rende eterno l’album è proprio questo. È un continuo anelare alla perfezione, una ricerca dell’estasi, che spesso viene colta con profondità dal canto magico del signor Young, che raccoglie le nostre emozioni come cogliere fiori di campo. (Fabio Busi)