recensioni dischi
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GIANNI NICOLA  "Oh no, it's prog"
   (2020 )

La confezione spartana del packaging mi aveva fatto pensare ad una demo artigianale realizzata da una band esordiente: niente di più sbagliato. Mai fidarsi troppo delle impressioni iniziali, spesso costruite su bias percettivi e cognitivi volti a ridurre la complessità e l’imprevedibilità delle informazioni.

Non avevo ancora avuto modo di conoscere questo chitarrista-compositore (per fortuna la saggezza del socratico saper di non sapere corre sempre in soccorso degli ignoranti autoconsapevoli…), ma la collaborazione con due jazzisti che hanno militato negli Area II di Giulio Capiozzo (Andrea Allione e Aldo Mella) e l’esser contornato da una formazione di tutto rispetto (Emanuele Bosco, batteria; Luca Pisu, basso; Paolo Gambino, tastiere; Ariel Verosto, flauto) non possono certo essere il frutto del caso.

Sono bastati pochi minuti per confutare le mie (erronee) aspettative: questo gioiellino uscito nel 2020 ci regala una fusion brillante e “spettinata”, di grande gusto e professionalità, intrisa delle più varie contaminazioni sonore (la prima associazione suggeritami - anche - dalla rilevanza dei fiati e dagli imprevedibili cambi di rotta sublimemente “schizoidi” è agli svedesi Diablo Swing Orchestra). Spunti ritmico-percussivi trascinanti che talvolta sconfinano nell’Hard ‘n’ Heavy, immancabili strizzate d’occhio alla tradizione free jazz, momenti di intenso pathos che richiamano la complessità delle architetture progressive guidati da una voce femminile accattivante (Alessandra Turri) e quanto mai adeguata al contesto strumentale, vanno a comporre un originale puzzle che si sottrae ad ogni tentativo di etichettamento in precisi filoni.

Con l’ascolto si riesce perfino a ricontestualizzare la sobrietà dell’artwork (l’immagine dell’urlo di Munch abbinata al titolo intende ironizzare sul diffuso ma stantio stereotipo del progressive come musica elitaria ed autoreferenziale) come naturale contrappeso gestaltico rispetto alla sovrabbondante densità musicale. Il tutto, a conferma di quanto talento ci sia ancora da scoprire e valorizzare nella cosiddetta musica underground nostrana, laddove si esaltano sedicenti artisti finto-rock/finto-alternativi/finto-tutto, la cui celebrazione sovente è direttamente proporzionale alla nullità artistica. Ma lascio ben volentieri le tematiche di adorniana memoria relative alle funzioni della musica di massa ai sociologi e rimetto nel lettore Oh no, it’s Prog: repetita iuvant! (MauroProg)