recensioni dischi
   torna all'elenco


LOLAPLAY  "Il futuro è cambiato"
   (2021 )

Già il fatto che non rincorrano moine commerciali è un bel punto di partenza che vale un attestato di stima incondizionata per il trio dei Lolaplay, che danno alle stampe il terzo album “Il futuro è cambiato”, fregandosene se 6 dei 10 brani previsti superano la soglia dei cinque minuti.

La lunga durata indurrebbe a pensare che il combo abbracci il prog. Ed invece forniscono un’opera che addensa più rock rispetto al passato, mantenendo le velature d’elettronica fondamentali per dare ampiezza orchestrale di bella fattura.

Le coordinate tracciate griffano di pop, alt-rock e qualcosa d’altro. Certo, l’ombra degli Afterhours aleggia ma non pervade, e la band sa (comunque) ampliare lo stilismo con inserti di grande effetto.

Il fil-rouge che lega i brani tra loro è quell’entità comune che ci fa cambiare, invecchiare, correre senza senso: il tempo. Un album non propriamente “concept” ma direi tematico nell’analogia scritturale.

L’alba dell’opera si illumina con la leggiadria della titletrack, estesa fino all’inverosimile degli otto minuti, senza che se ne avverta la stanchezza. I ragazzi cambiano passo di brutto con “I miei mostri” e “Giorno 135”, ostentando vigore e grinta a iosa. Poi, c’invade una “Ondanomala”: non quella che devasta territori ma, bensì, quella che infrange la cortina emotiva con cascate di chitarre british.

Maledetto tempo! Fila come un missile, provi a stargli dietro, sembra che tieni il passo ma per tutto, poi, scoppia la bolla del “Disincanto”. Ancora unghiate di guitar-work nella dissonante “Non fa per me”, che picchia sodo senza sconti ma, l’invettiva più marcata, la riservano alla rete in “Webarchia”, nella quale da tempo è suonato l’allarme del “si salvi chi può” da rimbecillimento globale, devianze umane, tecnologiche, storture del deep-state, ed invece di aprire gli occhi, la massa preferisce sposare l’omologazione sociale piuttosto che rivendicare la propria personalità, assopita e narcotizzata dall’ordine precostituito.

Al tramonto, si deduce che l'intenzione dei Lolaplay non era quella di ramificare soluzioni e nemmeno quella di innestare “Nessuna morale” ma, semmai, esorcizzare la marcia del generale Tempo: unico e odiato metronomo della decadenza esistenziale. “Il futuro è cambiato”, certo! Ma cosa è stato fatto per costruirlo come volevamo? Mea culpa, direi… “La storia siamo noi, nessuno si senta offeso…”: De Gregori docet! (Max Casali)