recensioni dischi
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POLYCHRON+  "She's always been there"
   (2021 )

12 tracce, 12 esperienze sonore che possono piacere o non piacere, ma che sicuramente non lasciano indifferenti. Suoni, voci, strumenti, rumori, ed effetti ci trasportano in un mondo a parte, fatto di progressive, anni '80, cinema e sperimentazione.

L’ouverture grazie a Carmen D’Onofrio ci aiuta ad entrare nel flusso sonoro delle restanti 11 tracce, le voci e i loro missaggi sono tali da farci capire che il resto del disco non sarà immediato, ma andrà ponderato. Testi che ci raccontano la paura che anche la pioggia possa provocarci danni e sottrarci alla persona amata, e di questi giorni musicalmente appiattiti.

''Lighter than the blue'' mantiene le atmosfere dark dell’intro per poi mutare e mixare la base progressiva alle corde di un violino che il missaggio mantiene in primo piano anche durante il cantato senza minimamente disturbarlo, anzi. Blaine L. Reininger, che interviene nel brano, risulta così più affasciante e ruvido, mi ha ricordato alcuni lavori di Leonard Cohen.

Divertente ''Yeh-Teh'', sempre coinvolgente la base ben supportata dagli effetti sonori di bolle che esplodono, ritmo teso, veloce che ci martella di parole, un rap che ricorda il primo Frankie Hi-Nrg MC. Testo dedicato alla vita all’uomo alla socialità (che ''Yeh-Teh'' non lo possiamo tradurre in io e te?).

Anna Domino in ''Pocketknofe'' rallenta il treno di ''Yeh-Teh'' e muta le atmosfere, la mutazione mi sembra essere il collante del disco, da tese e ritmate ad eleganti e melodiche, piacevolmente rilassante.

Un pianto ed una tromba, quella di Luc Van Lieshout, ci introducono a ''Late?'' il cui cantato tra italiano ed inglese, molto naif, diverte e rispolvera un “bella gioia!” di filmica memoria.

''Morbid love'' sarà il brano più amato dai cinefili che ascolteranno il disco. Morricone e Carpenter mescolati al jazz con il piano di Daniele Biagini che viene esaltato dall’arrangiamento e dalle ritmiche quasi tribali, peccato sia troppo breve.

Il viaggio prosegue e muta nuovamente in ''Alaska drive''. NicoNote ci guida in Alaska su una strada buia e tortuosa percorsa a velocità folle, quella della base elettronica e ossessiva anni '80, May day, may day! Stiamo guidando nel buio a 1000 all'ora, dobbiamo frenare...

Lo facciamo? Non proprio: ''Twist the knife'' inizia ossessiva e prosegue tale ricordando atmosfere cupe e nebbiose delle notti Berlinesi anni '90. Preparatevi a sorprendervi con la riproposizione di ''Tij-U-Wan'' dei Gaznevada, esempio di new wave italiana del 1982, non perché il brano sia stravolto o non valorizzato, anzi: perché, come ho fatto io, ci permette di rispolverare una serie di dischi e gruppi che molti hanno dimenticato.

''Gum, le blue Jar'' è un virtuosismo vocale e sonoro il cui testo sincopato ci racconta di balli, di morte e di vita influenzata dall’altro. Bianco e Nero, due persone contro le difficoltà del vivere, lo spagnolo e la poesia del testo accompagnato dal piano classico che affascina, questo è quello che dovete prepararvi ad ascoltare in ''Piano astrale'', penultima traccia dell’album, che si chiude con ''Lo scrigno d’oro'', un racconto musicato tra campane e fiati, a tratti scanzonato, di quello che lo scrigno contiene, dagli abbracci alle lacrime ai valori della vita. E la lotta per accaparrarselo.

Degna chiusura di un disco mutante, che colpisce e rimane. Sicuramente apprezzabile per l’impegno lo studio e il raffinato missaggio. (Marco Camozzi)