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PAOLO F. BRAGAGLIA & GANZFELD FREQUENCY TEST  "The man from the lab"
   (2021 )

Immaginate un laboratorio di biologia sperimentale. Le provette, le beute, gli alambicchi, i matracci, il bunsen. Quant'è bello dire bunsen! Prendete questo laboratorio e lanciatelo (sì, tutta la stanza) in un buco nero, per portarlo in un'altra dimensione, dove fare esperimenti, indossando il camice bianco. E con in mano il bunsen. Ma in questa dimensione, le linee temporali si fondono, il tempo non è lineare come da noi. Ci troviamo per qualche motivo alla fine degli anni '70.

Questa è l'ambientazione della narrazione astratta e strumentale di “The man from the lab”, ipotetica serie tv, per la quale Paolo F. Bragaglia inventa le musiche, prodotte assieme al duo di produttori Ganzfeld Frequency Test (un nome, un programma). Si usano suoni retrò, ma questa volta non si tratta dell'ennesima funzione nostalgica dei suoni “di una volta”. L'utilizzo dei suoni del passato ha funzione narrativa. Siamo nel passato? Allora i suoni ricreano quel passato spazio-temporale.

Ispirata alle condizioni di un primate in laboratorio, “Monkey” apre l'album con un clima malsano e agitato: bassi taglienti, pad vintage, e loop di segnali computerizzati. Le macchine stanno riportando i dati degli elettrodi attivi, per ottenere il materiale genetico che ci permetterà di creare la vita. “The mixture” però inacidisce i suoni e fa scattare l'allarme. Forse la scimmia si è tolta l'attrezzatura, ha rotto il vetro ed è scappata? E quella forma di vita che stavamo creando e controllando sotto vetro, che fine ha fatto? Fine del trailer, nero e sigla. La sigla è la titletrack, “The man from the lab”, e ascoltandola si possono agevolmente immaginare i titoli di testa: Hugh Laurie è lo scienziato cinico, Robin Tunney la chimica eticamente attenta, Clarence Gilyard il dottore amichevole dalla battuta pronta. Poi c'è Cassidy, la scimmia, nel ruolo di sé stessa.

Inizia la puntata, i nostri eroi guardano sotto i tavoli, alla ricerca di capire cosa sia andato storto dell'esperimento. Scena muta, parte “Black swan”, unico brano cantato del disco. La voce rimbomba rapidamente, con effetto slapback, e l'approccio vocale testimonia le radici new wave di Bragaglia. Ma guarda lì, ecco cos'ha rovinato il test! C'è un coniglio che mordicchia i cavi. Acciuffiamolo! Eh, ma quello scappa, sostenuto da “Rabbit's run”, una corsa dalle tinte dark. Niente da fare, il coniglio è sparito, e nel rincorrerlo siamo usciti dal laboratorio. Non avevo notato che tutto intorno è arido. Senti che vento, sulle fronde degli alberi spogli. Ma cosa... un'orda di pipistrelli? Tutti giù! E “Bat” ci ossessiona le orecchie, con minacce soniche. Ma che ci fanno i pipistrelli in questa dimensione? Chi ce li ha portati?

Non pensiamoci più, ormai la creatura è andata, torniamo in laboratorio. Paul, sondiamo la melma verde, prendi il bastoncino di precisione. “Stirrers” accompagna la scena. L'elettronica qui sembra quasi adatta ad un videogame. Trevor? Fa attenzione! Fermo! La melma è tossica, fa piano! Imbecille, l'hai fatta cadere a terra. Reagirà! E infatti, la macchia verde si agita, smuovendo la polvere sul pavimento. Assistiamo inermi a questo nuovo guaio, anzi meglio che ci allontaniamo. “Dust” è un brano andante, dove l'arpeggio synth col suono ad onda quadra la fa da padrone. Sì, è vero che la nostalgia non fa parte di questa scelta stilistica, nell'utilizzo di suoni d'altri tempi. Ma questo brano ha una certa forza evocativa, per chi ricorda i Tangerine Dream.

La macchia mista a polvere ha attirato l'attenzione di un topo. Siamo proprio degli imbranati, mi sa che muterà. “Dawn of the mouse” è una conclusione raggelante e per niente rassicurante dell'album, dei titoli di coda che fanno da cliffhanger. Cosa succederà la prossima puntata? Questo topo si evolverà in qualche modo, dopo aver assaggiato la melma verde? In fondo, era ricreata dal materiale genetico preso dalla scimmia. Non lo so, Paul, spegni tutto, ci pensiamo domattina. Non so se questa sia una possibile trama per “The man from the lab”, ma l'album richiama bene il clima di esperimenti chimici e biologici. E di bunsen! (Gilberto Ongaro)