recensioni dischi
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MAQUINA MAGNETICA  "Máquina Magnética"
   (2022 )

Il Novecento musicale è stato il secolo che ha dato dignità ai rumori, integrandoli a fianco dei suoni. Più ci si è avvicinati al ventunesimo secolo, più il rumore ha rivelato le sue potenzialità, affrancate dall'artificio dell'intonazione, e concentrando i compositori sulla gestione di ritmi e poliritmie, nonché sull'elaborazione timbrica, i colori dei rumori.

Oggi facciamo un salto in Portogallo, dove quattro musicisti, ognuno di essi già rodato da esperienze soliste o in altri progetti, si riuniscono per dare vita a una “macchina magnetica” che unisca le loro capacità. Ne esce per l'appunto il disco “Máquina Magnética” (uscito per Crónica Records), che dà anche il nome alla formazione. I nomi: Gustavo Costa, batterista, percussionista e uno dei fondatori del collettivo Sonoscopia che ha prodotto il lavoro. Qui, Costa utilizza percussioni acustiche e percussioni elettromeccaniche. Pedro Tudela e Miguel Carvalhais sono impegnati ai computer, dunque alla sintesi. Infine Rodrigo Carvalho, che non sentiamo, ma in sede live è intento a generare visuals e luci interattive, creando musica visuale.

Ciò che ascoltiamo sono un incrocio tra improvvisazione e composizione, tra due live set – uno a Lisbona, uno a Braga, in terra portoghese – e tra lavori in studio. Non hanno titoli, le 6 tracce: “A”, “B”, “C”, “D”, “AA” e “BB”. E sono da ascoltare come un flusso unico, non si percepiscono stacchi in mezzo. I rumori sono di varia natura: organici, meccanici, sintetici. Il risultato è una costante tensione materica, che attinge a piene mani dall'arte acusmatica, e ricorda la musica concreta di Pierre Schaeffer, guru per questo tipo di creazioni musicali.

Difficile parlare di emozioni. Si può provare tutt'al più del fascino, senso della tensione, restare intrigati dal sentirsi immerso in mezzo a tanti ingranaggi, che comunicano col linguaggio di programmazione. E però, a riscaldare la situazione qua e là, torna costante il tambureggiare di Gustavo Costa su tom e timpani, i fusti della batteria, e su qualche piatto. Abolendo il rullante, o perlomeno la sua cordiera, l'approccio ritmico è costantemente tribale, in un certo senso. Ma non si perde mai l'intenzione di base, che a quanto sembra è parecchio scientifica e sperimentale. (Gilberto Ongaro)