recensioni dischi
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MALOTA  "The uninvited guest"
   (2022 )

Apprezzo la delegazione dei Malota, quartetto veneziano che non si adagia su rassicuranti cuscini stilistici ma opta, piuttosto, a re-inventarsi per l'occasione.

Infatti, il percorso inaugurato nel 2015 con l'e.p. omonimo prevedeva una griffe di stoner, rock'n'roll in punta di piedi ma con un decisionismo scritturale che già sbocciava con bacche interessanti.

Poi, con l'avvento di "Kocmohart" si delineò una naturale evoluzione sonora (certificata dalle diverse provenienze musicali delle quattro teste) con un oriented space-rock e doom.

Oggi, i ragazzi rompono il silenzio con il dischetto "The uninvited guest", tenendo fede all'intenzionale variabilità della proposta. Sbarcano sùbito a "Lampedusa", con pacca delirante simil Dead Kennedy's ma con paranoia aumentata, mentre "Ministers of fear" ha la cattiveria della voice di Lee Ving dei Fear (casualità del titolo?) che tormenta fino a martirio completato, decelerando con acidità schizoide.

Di sicuro, lo schifo del mondo che denunciano, lo rendono più che eloquente, ribollendo in combustioni assassine, come "The queen, The lady". Invece, la traccia del titolo, porta l'ascolto nel cosmo di un'efferata linearità mai fine a sé stessa, con un paio di stop and go salubri e strategici.

Grezzo hardcore-punk unge il meccanismo di "Anti-social", con rondelle esecutive che girano in piena salute, vomitando invettive a... scortica-gola.

Con un cuore incendiario, i Malota accendono la terza fiamma progettuale con 5 sberle incisive, provocatorie, liberatorie, ma con tante scomode verità e l'unghia sempre pronta ad incidere altri graffi mortali. Leoni si nasce. (Max Casali)