recensioni dischi
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DEAD OR ALIVE  "Fan the flame part 2 (the resurrection)"
   (2022 )

Rewind. A fine anni '80 la storia dei Dead Or Alive era già praticamente terminata in Europa, almeno come mainstream, e dopo "Nude" la loro discografia si era già frantumata tra pubblicazioni sparse e non allineate tra continenti.

"Fan the flame" era uscito nel 1990, cercando di aggiornare il sound del gruppo di Pete Burns a quelli che erano gli stereotipi del momento, ma a parte un dignitoso singolo ("Your weakness is your sweetness") nulla è poi realmente rimasto, anche tra i fan del prodotto.

E da decenni si raccontava della seconda puntata del disco, senza nessuna novità se non un bootleg, "Love Pete", ribattezzato per l'appunto "Fan the flame 2" più per comodità che non per vera convinzione da parte di Pete Burns.

Poi, a 5 anni dalla morte di Pete e a 3 dalla morte di Steve Coy, batterista storico e manager della sigla (che da anni si era trasferito in Liguria, dove è deceduto), ecco l'arrivo postumo di quel titolo. "Fan the flame 2" è più che altro un curioso esempio di work in progress, dato che alcuni brani sono in realtà gli embrioni di quello che poi sarebbero diventati anni dopo: ad esempio, "U were meant 4 me" è poi la base del successivo "International thing", per intenderci.

Musicalmente si tratta di roba che è fortemente figlia del periodo in cui venne registrata, ovvero i primissimi anni '90, senza particolari modifiche o sovraincisioni successive, rendendo quindi il disco adattissimo per chi magari è riuscito a seguire un minimo le peripezie discografiche del Nostro dopo i successi degli '80s, roba comunque difficile anche con un navigatore.

Altrimenti, lasciare perdere, senza nulla di cui pentirsi: Pete Burns era bravo come intrattenitore ad alti ritmi o, se vogliamo, da crooner intimista - incredibile ma vero - ma nella via di mezzo, forse, non eccelleva. (Enrico Faggiano)