recensioni dischi
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CABRUJA  "Cabruja"
   (2022 )

Mai comprare un disco dalla copertina, lo ripete un vecchio detto e lo cantava anche l'immenso autodidatta Bo Diddley, sì, proprio il rigattiere che vediamo a ogni Natale dietro una grata sul piccolo schermo in "Una poltrona per due" mentre Dan Ayckroyd cerca di rifilargli il suo orologio da ricconi che alla fine "vale solo 50 pezzi" perché scotta troppo.

Eppure qui con l'album "Cabruja" la copertina, rigorosamente equilibrata e insieme evocativa, è l'ideale porta d'accesso. Iniziamo bene il 2022 - per astrarci un po' dalla opaca realtà politica e pandemica e sperare in un futuro più radioso - con un disco che parla di ponti culturali, canta ed evoca passaggi e transiti sul filo della vita e delle note, del difficile confronto con la realtà e con le eredità della storia, sa di accoglienza e mescolanza di linguaggi e stili, origini, vive di buone vibrazioni, slanci e poesia, ma tiene bene stretta la barra della navigazione per proporsi con una propria identità spiccata, un prodotto insomma maturo, corposo e complesso e strutturato come un buon vino (ascoltate "Father Lucifer"), ben suonato e ben arrangiato e registrato, malinconico al punto giusto (come nella struggente "Alfonsina y el mar" e nel brano che vede la partecipazione di Paolo Fresu, "Gloomy sunday"), ma anche capace di farci sentire migliori dopo l'ascolto, e non accade sovente nel mondo musicale di oggi.

Un disco che cresce, matura nella testa di chi ascolta dopo un opportuno ciclo di delibazioni, e alla fine fa dire "hand in glove" ripensando al primo singolo degli Smiths, espressione che si può tradurre con "sentirsi in completo accordo". Però il disco, per la sua ricchezza di sfumature e contenuti, richiede un minimo di serietà, non basta un assaggio frettoloso, richiede una liturgia, un approccio all'ascolto. E allora, ascoltando questo primo album di questo nuovo artista che all'anagrafe fa Eduardo Losada Cabruja, la memoria va alle parole e alle musiche orgogliose e schiette con cui cantava il Cile Victor Jara (vittima dell'infame dittatore Pinochet, l'anno prossimo saranno 50 anni dal suo omicidio, riascoltatevi il disco "El derecho de vivir en paz").

Per le storie che ci racconta, per le evocazioni che suscita a ogni bit, per le connessioni che crea tra vari tipi di tradizione (non manca un omaggio ai Portishead e alla loro "All mine", prova ardua volgere al maschile gli strazi di Beth Gibbons, cimento che viene ben superato), è un disco da non perdere questo "Cabruja", il primo album dell'omonimo cantautore venezuelano (genovese di adozione), microbiologo molecolare di formazione e insegnante di scienze liceale, un disco che sarebbe forse piaciuto anche all'immaginifico Fitzcarraldo, indimenticabile personaggio nato dalla fantasia amazzonica di Werner Herzog. Cabruja spicca anche come autore oltre che come interprete, ascoltare per credere la sua "La corazonada", che si fatica a togliere dalla mente. Voto 8. (Lorenzo Morandotti)