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THE GHIBERTINS  "The life & death of John Doe"
   (2022 )

Ho provato un sobbalzo al cuore, notando nel titolo del secondo album dei Ghibertins il nome di John Doe. Io, amante di quella formidabile punk-band Losangelina degli “X”, mi ha subito rimandato al loro chitarrista co-fondatore e, di conseguenza, ha magnetizzato la mia curiosità per “The Life & death of John Doe”.

A parte il mio excursus d’amarcord, questo è un album assemblato con quello spirito ambizioso che non guasta mai per tramare traguardi importanti, e la band milanese è molto vicina all’ottenerli, in quanto ha già destato interesse verso BBC Radio, Music Week, Clash Magazine e altri nomi altisonanti.

Interesse più che giustificato, poiché la formula del quintetto meneghino si dipana tra alt-rock, indie e personalismi formulativi da seguire con dovuta attenzione. Partendo dai 4 singoli già estratti, diciamo che: “20149-Milano” porta in grembo il graffio e la severità vocale dei Kings of Leon, “In your arms” e “My first day on Earth” srotolano radure ballad di fine pregio, mentre in “Ropes & Kites” s’assaporano leccornie acustiche coinvolgenti, con tanto di coretti oh-oh-oh che ne costituiscono l’orlatura azzeccata.

Ma, in realtà, chi è John Doe? Un protagonista come tanti della vita comune, che viene seguito in ogni passo di crescita tramite le 11 tracce dell’opera, con una precisa cronologia esistenziale, espressa con formula concept-album che, già di per sé, non è un dettaglio trascurabile.

L’impegno della band è ben tangibile su tutta la linea e, quando c’è da innestare grinta e vigore, il motore gira bene con “Round trip”, però la preponderanza ballad è sicuramente terreno più fertile per sfoggiare stilismi pregiati, come “Walk away” o “In the world of sinners all I want to do is sacred” con inserti semi-gospel.

La vita di John Doe ha una sua logica: dalla nascita “Intro” alla morte “Outro” non la conduce con l’anonimato che gli viene attribuito dalla terminologia medico-legale, bensì, con un protagonismo consapevole, in barba all’etichettatura di sconosciuto, la band, mediante metafore, valorizza la sua (comunque preziosa) prosopopea di passaggio comune a tutti noi, che ci consegnerà al dimenticatoio tra un paio di secoli. La forza dei Ghibertins è insita proprio nella concettualità universale del messaggio: ineluttabile sì, ma almeno cosciente ed esorcizzato con magniloquenza credibile e matura. (Max Casali)