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IRENE JALENTI  "Dawn"
   (2022 )

L’album di debutto di Irene Jalenti, versatile e portentosa cantautrice umbra, nel quale canta accompagnata da Alan Blackman al piano, da Jeff Reed al basso e da Eric Kennedy alle batterie, oltre che da alcuni ospiti speciali come Sean Jones, Warren Wolf e Cristian Perez, è un affascinante dichiarazione di poetica dell’autrice, che pone la sua firma su un lavoro variegato e appassionante, influenzato tanto dalla Baltimora nella quale vive da più un decennio quanto da tutti quegli artisti che da sempre sono per lei punti di riferimento. Compongono Dawn quattro brani originali e sei cover.

È nel bel mezzo della prima ondata pandemica che Irene Jalenti, inconfondibile autrice originaria dell’Umbria, si rende conto che è giunto il momento di raccogliere le tante idee che ha in testa e di iniziare a registrare il suo disco d’esordio, che avrebbe poi inciso nel 2021 e che oggi, dopo un’attenta produzione e un raffinato missaggio, possiamo finalmente ascoltare. Nome già noto ed estremamente stimato nell’ambiente jazz del Maryland e di Washington, Jalenti, rampolla di una famiglia di grandi musicisti, mostra in Dawn tutti i suoi lati migliori: reintepretando sei brani altrui e proponendo quattro brani originali che in qualche modo si assimilano agli altri e ne influenzano lo stile di esecuzione, Jalenti fa sì che la sua mano (pardon, la sua voce) e il sound caldo e vaporoso che crea la band intorno a lei rendano ogni brano intrinsecamente legato all’esecutrice/autrice, e che anche quelli non scritti da lei diventino un poco anche suoi.

Caratteristica della affascinante voce di Jalenti è quel suo tono scuro che la rende molto particolare all’interno del genere cui si dedica prevalentemente. È una voce bassa che ha saputo educare e modellare nel corso del suo rapido e brillante percorso di studi tra Siena, New York e Baltimora, conclusosi poi con un master alla Howard University di Washington. E proprio a Baltimora si è stabilizzata; lì ha saputo farsi strada e diventare un’autrice rispettata e apprezzata in quegli States dove, più che altrove, il jazz ha una rilevanza particolarmente notevole.

I brani contenuti in Dawn sono molto diversi tra loro per natura, ma il mood dei musicisti e l’affinità e la comunità di intenti che li lega riesce a collegare i pezzi in un discorso musicale e attitudinale coerente e pregevole. Che si tratti della rivisitazione di “Let It Be” dei Beatles o di standard mozzafiato come “How Deep Is the Ocean” e “Beatiful Love” o delle solide composizioni originali di Jalenti come “That’s How the Story Goes” o “Alma Desnuda”, caratterizzate da una minuziosa costruzione testuale e da un approccio maturo e levigato, Dawn risulta un album crepuscolare e romantico, un perfetto biglietto da visita per provare a comprendere l’idea di jazz di Jalenti. (Samuele Conficoni)