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KATHYA WEST, ALBERTO DIPACE & DANILO GALLO  "The last coat of Pink"
   (2022 )

Stavolta il direttore ha fatto uno scherzone al vostro affezionatissimo, è bastato fargli subodorare qua e là la passione per i Floyd ed ecco recapitato a stretto giro di posta un album di cover.

Di cover dei fab psichedelici four usciti da Cambridge è piena la rete e per tutti i gusti: versioni orchestrali, sinfoniche, da camera, metal e financo reggae. Senza contare la miriade di fan band che cerca di replicare in studio o dal vivo, in ogni sfumatura, il suono centellinato dei loro album.

Anche i Floyd stessi, come è noto, si sono coverizzati più volte, cioè rimanendo fedeli a certi motivi e temi musicali perpetuati negli anni, prestando il fianco a non poche critiche, ad esempio il ritmo del blues. La cover più sintetica ed estrema tra quelle autoprodotte è, per così dire, laterale e si trova nell'album di Nick Mason - di nuovo in tour con il suo gruppo, a proposito - recentemente ristampato, ossia "Fictitious sports", in realtà collezione di brani della jazzista Carla Bley: ecco, in "Hot river" c'è condensato un bignami floydiano di pronta beva con tanto di schitarrata finale.

Ma di tutt'altra schiatta e generosità di approccio, studio filologico e autonomia di vedute sono gli artisti di cui si parla qui. E non ha neanche molto senso parlare di cover quanto di radiografiche impressioni di viaggio, tentativi di avvicinamento e distacco repentino, riproposizioni di un materiale sonoro che è a tutti gli effetti entrato nel repertorio classico di fine Novecento, senza se e senza ma e al netto di classificazioni di genere che ai Floyd, è noto, stanno strette.

Questo è il tempo della museificazione, come i superstiti della band hanno di fatto certificato con la mostra itinerante "Their mortal remains", e come testimonia la pletora di libri usciti anche di recente, come l'autobiografia di Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis, fautore di tante storiche copertine, il cui nome fu coniato, guarda caso, da testapazza Syd Barrett.

Ma torniamo al disco, tutto italiano, e all'originalità della rilettura che innerva tutti i risultati del nuovo lavoro del trio formato da Kathya West alla voce e Danilo Gallo al basso, con l’aggiunta del pianoforte di Alberto Dipace. Che pescano soprattutto dal monumentale ''The Wall'' del 1979, con un po’ di eccezioni pescate da ''The Dark Side of The Moon'', ''Wish You Were Here'' e ''A Momentary Lapse of Reason''. Ossia una scelta personale, non dettata da idiosincrasie ma dal piacere di fare musica sulle spalle di cotanti giganti e poi da lì spiccare il volo, perché non di sole radici e omaggi vive la musica ma anche di attraversamenti.

Queste non sono semplici cover, ripeto, non sono omaggi striscianti né deferenti ma dialoghi da pari a pari, mondi musicali autonomi, che di ogni brano nativo coltivano come un lievito o un humus l'anima profonda, la scarnificano e la ripropongono arricchita per sottrazione in pietanze autonome in un menu assolutamente di alto livello - "Hey you" e "Confortably numb" senza le corde di Gilmour diventano così ballate sensualmente dolenti e liriche più degli originali - un menu che merita senz'altro, anche da chi floydiano radicale non è e non vuole essere, anche da chi mette la maglietta punk con il proclama di odio per la band, una considerevole attenzione.

Non è musica da intrattenimento salottiero ma un buon vino da degustazione. Per me 10 pieno, ma voto di parte. Mettendomi nei panni di chi ascolta i Coldplay, sarebbe comunque un 8 a pieno carico. (Lorenzo Morandotti)