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DANIELA D'ANGELO  "Petricore"
   (2022 )

''Petricore'' è il primo album solista di Daniela D'Angelo, cantautrice milanese di grande potenzialità vocalica. Racconta l'artista che coincide con un esordio, ma, come la stessa ha ribadito, "è il racconto di una fine o più di una, con molte sfaccettature, sogni, episodi e declinazioni".

C'è stato subito da pensare a questo nome come ad una allusione, il conglobato di "pietra nel cuore", perché la musica della D'Angelo, capace di slanci straordinari e di oniriche divagazioni, evoca una visione composta di racconti di scelte sbagliate, oppure una entrata quasi forzata in quelle scelte, con il timore di sfondo che le stesse potessero fare male, dentro e fuori.

Gli otto motivi che compongono questo album dalla marcata introspezione sviluppano così una narrazione dei timori di questo dualismo: se scelgo mi equivalgo a rischiare, se però non lo faccio valgo a combattere contro un'ansia di essere sbagliati, di non farcela. La mancanza di fiato che causa incertezza, ma c'è anche l'amore come motore di una vita, che è segnata da relazioni di natura romantica, di amicizia o di condivisione delle cose più importanti nella vita.

Onirismo, da un lato, e dall'altro una eterna battaglia con sentimento e scelta dello stesso, come "nutrimento". La chitarra traccia il tappeto di sottofondo di "Questo cuore", il brano introduttivo che è tutto un interrogativo: il fato dice che dovrei riposare, e subito dopo afferma: "dovrei tentare, dovrei bruciare". La risposta al dualismo è un non volere sapere, la paura di provare a cadere perché forse mi piace.

Non c'è dottore che può aiutare, a questo morboso dibattersi nel dubbio: ecco cos'è il Petricore, quell'odore dato alla terra riarsa e bagnata non appena qualche goccia d'acqua tocca il suolo crogiolato dal sole: ma è altresì la anelata risposta a quell'appena citato dibattersi in una foresta di punti interrogativi di grande intimità di sentimenti. Petra ed icore, il sangue finissimo degli Dei dell'Olimpo, il cibo che può aiutare a mantenere, ad evitare di perdere il fiato. La batteria è lo scandire i secondi della battaglia del se e del ma.

La successiva "Il modo giusto" è la posologia di un rimedio, l'unico, a quei dilemmi infiniti. "Dammi il modo di aggiustare tutto, di provare ad alta voce ad ascoltare una risposta, dammi il tempo di dimenticare chi sono", incalza la voce di Daniela, protesa a dissolvere i confini di un tempo fermatosi troppe volte. Tempus fugit, attraverso il suo scorrere, si può dimenticare, o forse ricordare per poi farlo davvero. Armonia semplice dove la parola è tutto, un sogno, una speranza, fare le valigie per abbandonare tutto. Questa volta il dubbio non ha vinto subito, ma ha potuto scavare, per trovare il modo giusto per accarezzare la perfezione. Se la vuoi davvero raggiungere, devi darti il tempo di... trovare questo modo. Molto suggestivo il finale del brano, caratterizzato dall'erompere del duettare della voce armoniosissima dell'artista con la chitarra ed il basso di Ivano Rossetti.

La stanza della vita ha così subito un processo di interiorità molto forte, che si esprime in "Suppergiù", aperto da una lunga intro di chitarra acustica: ''Cosa rimane in questo momento, le mie mani vuote, cosa rimane, che cosa rimane" pronuncia a sé stessa Daniela D'Angelo: nessuna rabbia, nessuno sgomento, soltanto il mio cuore da fotografare. ''Suppergiù, mi stavo abituando a volgere una persona inutile". La rabbia di un momento in tre minuti di gradevolissimo incalzare strumentale per ricordarsi "di avere fatto bene a voltare pagina, mi stavo abituando ad essere una merda".

Presto sai, verrà il tempo in cui ogni piccolo sbadiglio romperà il tempo in cui... E' il messaggio scaturito da quello scavare (l'acqua che ha baciato la terra riarsa del cuore in subbuglio da dilemma) che domina "Alibi", il brano dalla maggiore durata di tutto l'album. Sono quattro minuti e mezzo in cui si rivela il sipario della noia di un risveglio, "io non so se mi troverai qui con le stesse mani, perché presto la tua pelle tenderà ad altri idoli". L'amore mobile al quale si può parlare in una conversazione di attimi. E' il motivo scandito sapientemente dalla batteria di Mamo che esalta la voce, qui particolarmente graffiante, di Daniela: sola con quell'attimo. E null'altro.

Esercitazioni, quinto motivo di ''Petricore'', è una pausa di riflessione che emerge attraverso l'amore più grande della protagonista, quello rivolto alla musica: con lei si può rinascere, dimenticando, ripartendo, e continuando a farlo, oggi, domani, sempre. Musica e poesia che aiutano a essere grande dentro, anche se non si partoriscono opere d'arte destinate ad essere eterne. Qui è vivissima la passione dell'artista lombarda per il cantautorato classico, mentre in ''L'idea'' ritorna con insistenza il tema della nostalgia, per tutto ciò che è stato, i momenti magici condivisi, il piano mentale ed astratto che farà della stessa persona non più un obiettivo da cercare come entità fisica, bensì un ideale da vedere e provare a raggiungere - almeno in parte se non completamente - nelle cose, le situazioni, le altre persone. "E' un'idea che cerco di te, è finita la festa, non avremo neanche un link" canta questo groove molto energico, "e non so niente, non ho niente, di te, di te. E' un vago chiedere per le strade bagnate, nonostante ti cerchi sempre non so niente di te, di te di te". Come batte il cuore qui!

Camminare è l'unico metodo per arrivare in qualche modo. E' l'incipit di ''Butto giù'', il guardare alla vita degli altri e scoprire che è migliore della tua. Perché non è alimentata dai dubbi, ed allora forse dobbiamo doverosamente fare cadere chi ci sembrava inviolabile ed invincibile prima che il suo ricordo (ahi, come batte la lingua, dove il dente duole) ci fagociti. Ingoiare in fretta l'amaro dispiacere, oppure farlo ingoiando molte birre. Sound scuro, basso davvero tanto personale. Il confronto tra ciò che è stato e ciò che sarà - il presente non è ancora - si chiude con ''Biscotti e sigarette'', una ballata che riporta al centro dell'attenzione il tu immaginario che è stato la prospettiva centrale di tutti e otto i brani di questo album pezzo di vita. Un uomo che canta alla radio, il vorrei e non ho voluto che fa a pugni per un'ultima volta, ma in modo sfumato. Così è se vi pare. (Leo Cotugno)