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LOMII  "We are an island"
   (2022 )

Credo che la metafora del viaggio sia quella a cui si fa più ricorso per indicare il nostro percorso di vita, tanto complicato quanto fascinoso nella sua imprevedibilità, nel quale viviamo molteplici esperienze di conoscenza, crescita e maturazione.

Proprio su questa concettualità si concentra "We are an island", l'album d'esordio del duo cesenate dei Lomii (Emily Capanni e Lorenzo Brighi). Complice una lezione di canto, i due incrociano i loro destini immaginando di sfruttare la fusione delle voci per ricavarne un'ossatura elegante.

Infatti, nel tracciato delle 9 canzoni, si respira gentilezza e garbo espressivo, testimonianza che la crescita e il diventare adulti porta in sé indubbie quadrature evolutive personali ed artistiche. Come prima idea, il full-lenght fu pensato come concept-album ma sarebbe stato un passo più ardito e complicato e (forse) ne avrebbe perso in immediatezza e quindi, alla lunga (ponderazione), il risultato finale ne ha beneficiato.

Nonostante la tribolazione progettuale (durata 4 anni, complice anche la pandemia), il lungo tempo ha permesso ai Nostri di fare le scelte giuste, a conferma che "non tutti i mali vengono per nuocere" offrendo, così,un itinerario indie-folk del tutto apprezzabile, riproponendo quella gentilezza esecutiva che fa tanto bene a quest'epoca smaniosa ed individualista.

L'anticipo dei due singoli "The traveller" e "Kismet" ci consegnarono già un'acustica di classe, dove il primo è quello che sta più a cuore al duo, poiché suonato completamente da loro, mentre il secondo annovera la complicità dei Lennon Kelly, che insaporiscono la tavola con pizzicate di Irish-style.

Mai fuori le righe, lo stilismo dei Lomii t'accarezza in quiet-zones di primordine, con le ugole sempre pronte a fornire aspetti onirici e sognanti e con "Empty hands (heavy hearts)", "Pale skin", "Believe me" e "My house is my home" vai a colpo sicuro con tanto di certificazione uditiva. Invece, con "Mary Ann" agitano le acque con un folk-rock che ispira fantasie west-coast.

In coda, piazzano la cullante titletrack per congedarsi con un atto d'alta classe, che sembra sfoggiato dal carisma di un Big ed invece, signori miei, è tutta roba orgogliosamente tricolore. Se penso che Lorenzo ed Emily provengono da realtà opposte - il primo dal punk (!), mentre lei dal rock hip-hop - dove abbiano estrapolato siffatta finezza stilistica resta un piacevole mistero: uno di quei piccoli prodigi che riescono raramente ma che, quando accadono, è come ritrovare una gentilezza sapiente e anelata dalle nostre anime in panne ma desiderose di ripartire nel misterioso viaggio esistenziale. (Max Casali)