recensioni dischi
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EUGENIO BALZANI  "Italiòpolis"
   (2022 )

Un disco che racconta, fors'anche irride, ma in quella formula di giusta maniera che solo i romagnoli sanno trovar sempre, con bonarietà. Questo è ''Italiòpolis'', il nuovo album del cantautore di Cesena Eugenio Balzani: un disco che profuma di vintage, di estati calde ed autunni malinconici, di desideri neppure troppo reconditi: con la musica a far sempre da padrona.

Lo stesso Balzani ha affermato che "Italiòpolis è la piccola lucertola dentro la tasca della giacca del gigolò, è semplicemente la vita che gira". Per farla nostra è stato sufficiente vedersi con gli amici di una vita, mettersi per un attimo alle spalle il passato, entrare di filato nel presente e poi... ritornare indietro, a quei tempi di pandemica memoria: il risultato ha messo così in arcione undici brani in cui il denominatore comune dei racconti è uno Stato che spesso appare inesistente, la Italiòpolis appunto, a metà strada tra l'Isola che non c'è, il Paese Immaginario di Peter Pan, e quello dei Balocchi di Pinocchio, in cui la settimana è composta da sei giovedi ed una domenica, ed il giovedi non si studia mai, trastullandosi da mattina a sera.

Gli Italiani presenti nel disco? "Sono strani, poco riconoscibili ed incazzati persi: sicuramente per colpa della pandemia, ma già prima predisposti a fare a cazzotti sospinti dalla rabbia collettiva che fa molto più paura che non il virus.

L'ensemble che produce il disco, oltrechè Eugenio Balzani, attivo dalla metà degli anni Novanta con ''Blu'', suo primo disco, e quindi con ''TempOrale'', ''Io x Dio x 3,14'', si compone di Christian Ravaglioli al piano Wurlitzer e synth, Alfredo Gentili (basso), Gianluca Donati (batteria), Paolo Fantini (fiati). Si parte con il funky jazz di ''Samurai'': "Prova a pensare che sei un puntino nell'infinito spazio stellare. Onorevole vorrei, oh io vorrei, dico davvero, da vero samurai. Sono immerso in questa valle di colori, con gli alberi che parlano coi fiori". Si sposa benissimo l'intermezzo di fiati di Fantini, e la rabbia non risparmia neppure Cristo, "si vive l'uomo, il matto sulla croce, che parla di rispetto, che parla sottovoce".

''Clara l.r.d.p.'' è la canzone della stranezza, di chi ha vissuto questa incredibile avventura pandemica "e non ha voglia di parlare, ed il vuoto che mi monta dentro è questo mare da attraversare; oggi mi sento vuoto, senza voglia di comunicare, vedo solo questo odio intorno...". Sapiente racconto che aiuta a capire il senso, il sound è sempre quello del narratore assistito dai fiati, illuminato da una chitarra. Reminiscenze di quel tempo: "Che cazzo c'è da ridere, che tanto non puoi farci niente, è meglio che cominci a piangere, poi tutto torna lentamente".

Ne ''Il Luna Park dei Pazzi'' il tema dominante è socializzare tutti dentro un mondo digitale, incanalare l'odio che ha un istinto primordiale, chi se ne fotte se stai male? Al suono del Wurlitzer questa riflessione amara, ma anche prospettica, con la rabbia si prova a vivere meglio quando si vive peggio. La mediocrità strutturale, la forza del combattere day by day, senza guardarsi troppo attorno: se sopravvivi hai vinto, se non lo fai cadi quasi senza far rumore. (Leo Cotugno)