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ALESSANDRO CONTINI  "Piccola mistica quotidiana"
   (2022 )

Dal sonno, di solito si pensa di dipendere anche in maniera morbosa. Dormire per rigenerarsi, e per rifuggire da una vita divenuta improvvisamente troppo veloce, caotica, inflessibile nel suo ciclico ritmo del produrre incessantemente, per non provare a pensare: posso ancora "godere del sonno"?

Alessandro Contini parte da questo presupposto edonistico-onirico per dare vita al suo nuovo album, ''Piccola Mistica Quotidiana'', nel quale l'equazione è la seguente: lentezza sta a vita, come sonno sta ad antidoto. Incanto e contemplazione, dolcezza ed incedere senza più passo marziale e canone da rispettare a menadito. Viva la pigrizia che cambia il nostro modo di intendere e volere, per una volta basta con la sovraesposizione.

Ed invece di un ufficio, una stanza di canonica veduta o lo studio di di progettazione, questo disco, carezza musicale piena di ricordi, evocazioni, sogni, nasce in una cornice unica e singolare, quella del letto. Qui si maturano le idee, vi è il contatto tra la coscienza ed il piacere: chi pensa che il sonno sia soltanto uno dei tanti nostri irrinunciabili atti meccanici, non sa, non ha imparato e respinge categoricamente l'idea del potere continuare per tanto e tanto tempo a immaginare, a respingere lontanissimo la frenesia del quotidiano che affoga l'eclettismo della mente.

Alessandro Contini offre undici brani in cui velata, pastosa o suadente è la sua musica, intessuta di aure di stampo jazz che la presenza degli arrangiamenti di Primiano De Biase (pianoforte e tastiere) regala quel tocco di creatività immaginifica in più. Preziosi i contributi del basso e contrabbasso di Stefano Napoli e della chitarra, sempre molto intrigante, di Fabrizio Guarino. L'ensemble si completa con la batteria e percussioni di Simone Talone ed il quartetto di archi composto dai violinisti Patrizia Di Carlo ed Ernesto Celani, il violista Lorenzo Rundo e la violoncellista cinese Kyung- Me Lee.

Che cosa è un uomo? Un ozioso sognatore oppure un guerriero che nel sonno avrà tagliato il traguardo del suo infinito lottare con una esistenza troppo invulnerabile per lui? La corale a cappella di ''Nascita di un ozioso'' recita in romanesco "lavora tu padrone, ch'io me ne vado ar mare: nanna ninna, vojo ciuccià sta zinna". Eccolo il desiderio onirico, il ricordo della fanciullezza, beata età in cui bastava solo puntare lo sguardo per sentirsi felici e privi di inestricabili legacci! "Vojo fa' quello che me, pare, voglio sognare e poi sempre giocare". Amletico dormire, e forse, sognare.

E giunge il ''Sonno'', brano ironico che gioca sul contrasto della rilassatezza ristoratrice con gli imperativi categorici: "me sà che ci ho da fà, me sà che me devo arzà: e invece pe' dispetto, me ne rimango a letto". Sonno, meraviglioso sonno, portami nel profondo, antico e dolce sonno, sospendi questa volontà, fammi scortare il tempo e con un grande salto fammi volare in alto. Per poi farmi atterrare controvento. Sonno, meraviglioso sonno, abbassami le ciglia e poi fammi svanire il senno".

Il tappeto è quello chitarristico, andante e divagante, sospeso sopra le attese. Ecco che il piano di Primiano De Biase attacca "Piove (Piccola mistica casalinga)" ove la visione si scopre "dietro a un vetro bagnato che lascia sogni falsati, come un mare respiro, faccio nebbia al cristallo". Il neutro osservare, il lieve torpore, il niente da fare. Ma si sta bene. Sorridere ai serpenti di tutti i colori che volano intorno ai natali volgari, dimenticare è sublime, ma ricordare lo è di più: piove e tutto quel che scende si muove, in questo magico velo di contemplazione. Tocchi sapienti di grande effetto, sempre il piano a recitare dall'inizio alla fine, si intersecano contrabbasso, batteria, chitarra, in una entrata in scena di attori musicali di grande effetto.

''La ballata del Sognatore'' è una evocazione di primavere di amore, di dita che muovevano corde e di una mente viaggiante il cui sbarco è stato improvvisamente e bruscamente interrotto. La modernità che abbatte di botto quel tragitto che pareva infinito, tirando con gesti di forza spazientita: anche la musica partecipa di questo tira e molla estenuante e la parte centrale del brano traspare un profilo marcatamente jazz, con percussioni e chitarre che duettano.

La meditazione, l'adagiarsi, la riflessione, la quiete. Il tutto incrociando le braccia e lasciandosi andare. E' un esordio, quello di Contini, nella nuova veste cantautorale, che dona una composizione omaggio alla vita ma da un diametrale, diverso punto di vista, libera in un corpo rilassato e mai costretto alla gestualità. (Leo Cotugno)