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MAX FUSCHETTO  "Ritmico non ritmico"
   (2022 )

Iniziamo tra parentesi. (La musica d'arte è liberatoria. Perché, quando invece scrivi musica “leggera”, come un pesante macigno arriva la domanda: “Che genere fai?”. Invece, quando componi musica d'arte, puoi evitare queste domande da baretto. La musica è “musicale”, e basta). Chiusa la parentesi polemica, veniamo al nocciolo. Max Fuschetto suona qui oboe, sax soprano e usa l'elettronica, e ha composto nove brani riuniti sotto il titolo “Ritmico non ritmico”, dove possiamo godere di molti strumenti oltre ai suoi, che rendono l'album variegato ed intrigante.

Il concetto alla base collega la musica alla pittura, crea analogie tra suono e immagine. I primi tre brani, “Number 1”, “Number 3” e “Number 5”, creano una sospensione temporale, mediante i fiati che tengono note prolungate di fondo, sulle quali pianoforte e chitarra creano piccole successioni di melodie, distaccate da loro da continue pause, come isole fluttuanti nel tempo. Nel “Number 3” in particolare, l'effetto eco diventa per i musicisti il tempo da seguire, l'impalpabile battito, che rende liquida la consistenza della musica. Nel “Number 5” ci sono pattern ritmici, ma appena accennati e poi abbandonati.

La ricetta continua cambiando gli strumenti. Viola e violoncello danno forma a “Vortex, A Jackson Pollock”. Fuschetto realizza gocce di note, perché si ispira alla tecnica pittorica di Pollock, di basarsi sull'action painting, lasciando cadere delle macchie di colore e poi strisciandole (dripping) creando intrecci di linee colorate. Allo stesso modo si muovono gli archi, “poggiando” dei suoni e poi giocando a glissarli.

In “Midsommar Choral”, gli archi interpretano un ruolo più canonico, di drammatizzazione, con le loro note armonizzate. Ma sempre rispettando il concetto centrale, di pulsazioni che arrivano e se ne vanno, seppur dilatate. Con “Trame”, accanto agli archi tornano pianoforte e fiati, e si introduce sua maestà il Fender Rhodes. La presenza del Rhodes in questo contesto, contribuisce a creare una realtà altra, di suoni che solitamente si troverebbero in ambiti separati.

Con “Midsommar” arriva la tromba, dell'ospite speciale Luca Aquino. Assieme a corno francese ed archi, trasporta in una dimensione malinconica ma sobria. La forma compositiva continua nella sua coerenza, rendendo queste isole di note particolarmente vibranti. Come da tradizione ormai consolidata, nella musica contemporanea, non si cercano progressioni armoniche da “chiudere”: resta tutto aperto, in una costante incertezza. Che poi è la nostra condizione umana.

A portare in musica Paul Klee arriva “Iride, A Paul Klee”. Azzardo qui un tentativo di telepatia con Fuschetto. Dato che molte opere di Klee sono geometriche, prevedono sequenze di quadrati, è per poter tradurre questi in musica che Max deve aver pensato al suono secco della marimba, che si prende lo spazio da protagonista, nel ricco organico di questa composizione. Non so se ho indovinato!

E alla fine, una dedica all'artista numero 1 di Poggio Bustone: “A Lucio B.”, dove le consuete isole sono sostenute dal field recording di gente che parla in metropolitana, nonché dal tuonare del mezzo sulle rotaie. Fuschetto dice che l'ha fatto perché la musica di Battisti è incarnata nell'inconscio collettivo italiano. Non so se sia involontario, ma ad un fan del Lucio nazionale, in realtà questo richiama subito “La metro eccetera”, brano dal disco bianco “CSAR” del 1992, quando il nostro eroe forse era finalmente libero dall'immagine del ragazzotto seduttore, che Mogol gli aveva cucito addosso.

Giunti alla conclusione, abbiamo dei quadri in una galleria sonora. Sarebbe bello che una dimensione musicale di questo spessore fosse più frequentata, non solo dagli ascoltatori ma anche da chi fa musica. Fa bene al pensiero ed allo spirito collettivo. (Gilberto Ongaro)