recensioni dischi
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RFC  "La parte più vera"
   (2022 )

A meno che si abbia un bidone dell’immondizia al posto del cuore, non si può non amare dischi così.

Punk rock pestone e fragoroso virato ska, senza infamia e con parecchia lode, dritto al punto col basso bello rotondo e pulsante, la cassa perennemente in quattro ed un cantante che si sgola senza risparmio per trentotto tiratissimi minuti incazzosi quanto basta. Ma non solo.

Forte di una serie infinita di ritornelloni sparati a squarciagola su giri di quattro-accordi-quattro, “La parte più vera” – su etichetta Maninalto! - mette in fila dodici pezzi di viscerale irruenza che segnano il ritorno su disco della storica band casertana RFC dopo uno iato durato un’eternità.

Sincero come la birra di quella pubblicità, impastato di una malinconia difficile da nascondere sotto l’aggressività frontale del canto (“Il vuoto”), autoreferenziale come si conviene (“Fuori dal coro”, “Il vuoto 2.0”), mai atteggiato nè fanfarone, “La parte più vera” mette in fila numeri d’alta scuola sospinti da una veemenza che esalta senza far male, anzi: ne vorresti a palate della goliardia di “Festa” (con featuring dei veneziani Rumatera e del napoletano Gino Fastidio), della frenesia incalzante di “Figlia ribelle”, della mitragliata furiosa di “Revolution”, dell’amarezza colma di rimpianto de “L’ultima canzone”, che a passo quasi country riporta tutto a casa sull’ennesimo chorus imperioso.

Un po’ Statuto, un po’ Pornoriviste, un po’ Razzi Totali, i ragazzi – gente che è in giro da più di vent’anni – macinano la loro baraonda fracassona con la frenetica brillantezza dei mestieranti di lungo corso, regalando memorabilia col solo ausilio di una scrittura ispirata e di un tiro davvero inarrestabile.

Disco privo di pause o di cadute di tono, mena fendenti senza sosta: è nostalgico, vivo, schietto e caciarone.

A tratti irresistibile. (Manuel Maverna)