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HEKIMA  "Rise up your culture"
   (2022 )

“Mi piaci perché fai di ogni cultura i suoni tuoi”. Questa dichiarazione d'amore verso la musica, contenuta nel brano di apertura “Io e la musica” dell'album “Rise up your culture”, riassume la forza che il reggae ha avuto nei decenni. Riunisce le periferie di tutto il mondo con suo ritmo in levare, accogliendo inglese, spagnolo, veneziano, pugliese e tante altre lingue (ricordiamo che, per i linguisti, lingue e dialetti sono la stessa cosa, perché il dialetto è una lingua che non ha avuto fortuna, mentre la lingua è un dialetto con la bandiera e l'esercito).

Hekima così apre questo disco, formato da 11 brani di puro reggae, tra bassi pulsanti, fiati, pianoforti brillanti, e tutto quello che vi potete aspettare dal genere. Ed è impossibile non dondolare la testa con le cuffie, mentre “Lacrime amare” ricorda che “Lacrime amare non ne vuole più 'sta terra, che chiede solo cura e civiltà. Lacrime amare non ne vuole più 'sta terra, che chiede solo dignità”, e si continua a dondolare in inglese con “Roadblock”. Poi ci si ferma, con la versione acustica de “La mia generazione”.

Il brano, messo così in scaletta, sembra avere il valore estetico di “Redemption Song” in un album di Bob Marley, rappresenta il momento di raccoglimento per la riflessione: “La mia generazione è stanca, privata di ogni libertà (…) la mia rivoluzione è inchiostro e carta bianca”. Poi si torna al sound completo, con la titletrack “Rise up your culture”, che vede la partecipazione di Papa Buju, che rappa in pugliese. Perché non ti devi dimenticare delle radici ca tieni.

Messaggio chiarissimo col successivo “Money blow your mind”. Particolarmente gustosi i bassi qui. Un flauto che ricorda le musiche per Lupin, arricchisce l'arrangiamento di “Competition rule”, contro la cultura della competizione (“Chi corre solo per sé, per ritrovarsi solo con la sua vanità”). In questo mondo, che pare dominato dal cattivismo, “La rivincita dei buoni”, con ospiti Guaglione & Francisca, cerca d'ispirare un saggio sforzo di miglioramento interiore, evitando la rivalsa alla fine di una relazione, o di un'amicizia: “Non cerco la vendetta di un torto, quello che è stato è parte ormai del passato, quando ho il rancore che mi logora, è il cuore che mi libera, ragione o no”.

Dopo “Plastic girl”, l'album viene chiuso da due brani dub, con quei classici pianoforti riecheggianti, il rullante un po' riverberato che ammicca alla trip hop, e il basso che vola: uno è “Dub inna Brixton”, l'altro “Competition dub”, che parte dalla base di “Competition rule”. “Rise up your culture” fa risorgere lo spirito combattivo del reggae, quella lentezza programmatica che rigenera la dignità umana, e fa ripetere sempre: “Stand up for your rights”. Con un occhio sensibile all'ambiente. (Gilberto Ongaro)