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PROJEKT ICH  "Freedom for all"
   (2022 )

Per l'etichetta tedesca Echozone, gli anni '80 non sono mai passati di moda. Arrivano diverse proposte synthpop che continuano a preservare quel filone industrial con bassi pulsanti e voci baritonali tonanti. Projekt Ich segue questo stile, ma con piccole differenze. Idea nata dalla mente di Ulf Müller, nell'album “Freedom for all” Projekt Ich si rivela un gran contenitore di ospiti internazionali; a ognuno di essi, Müller ha lasciato il compito di scriversi i propri testi. Questo, per dare spazio espressivo a tutti, mantenendo un filone estetico e concettuale: wave ottantiana, e libertà, come da titolo dell'album.

Essendo concepito prima della guerra in Ucraina, il sentimento era semplicemente quello di una ricerca di unione d'intenti. Ma l'ufficio stampa ci comunica che, inevitabilmente, l'evento ha rivestito di ulteriore significato la loro intenzione di comunità musicale. Delle 15 canzoni, solo tre sono totalmente firmate da Projeckt Ich. Nelle altre, abbiamo 12 ospiti che parlano diverse lingue. Così, possiamo ascoltare il francese in “Sexy silly girl” con Stereo In Solo, l'austriaco in “Your life is a lie” con Richard Pustina, lo spagnolo con Expresso Maniquì in “Pictures in my head”, ma le provenienze sono maggiori: abbiamo Sebastian And The Dream dall'Irlanda, Munich Syndrome dagli Stati Uniti, Stocksnskins dal Regno Unito, oltre ovviamente artisti connazionali tedeschi, come Faltenhall e Edd Waters.

La titletrack “Freedom for all”, firmata dal padrone di casa, è cantata da cinque vocalist, tra cui Catrine Christensen dei Softwave (Danimarca) e Michael Draw degli Otto Dix dalla Russia. La fatalità della provenienza di quest'ultimo nome, dimostra (se mai ce ne fosse ancora bisogno) che gli interessi politico – militari viaggiano su binari paralleli a quelli della popolazione; e la musica ancora una volta fa da ghirlanda, da collante di voci fra loro distanti. Il collante, in questo caso, sono le sonorità mitteleuropee di Projekt Ich, fedeli alla loro matrice sia geografica che... temporale. Non dobbiamo dimenticare quel che è successo nel 1989 a Berlino; probabilmente, l'impatto culturale è stato tale, a livello iconico, che utilizzare ancora questi suoni synthpop, che a noi suona come un'inguaribile retromania, alle orecchie tedesche forse ricorda sempre quell'entusiasmo dell'unificazione della Germania. E anche il riaffermarsi perno centrale per l'Unione Europea.

Quest'atteggiamento pacifico ed inclusivo è da sostenere sempre. Poi, c'è da notare una particolare scelta nella scaletta: i primi quattro pezzi sono tutti in tonalità minore, c'è un clima cupo di fondo, e fino a quel momento sembra di trovarsi di fronte all'ennesimo album umido e grigio, il classico disco teutonico dai suoni dark che non lascia respiro. Invece poi, gradualmente, oltre a passare a tonalità maggiori, i brani si fanno sempre più chiari nel sound, fino al finale gelido ma sereno (a livello musicale) di “The time is running”. Forse un messaggio subliminale di volontà collettiva di uscire dal buio? Mi piace pensarlo così. (Gilberto Ongaro)