recensioni dischi
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DARK AGES  "Between us"
   (2022 )

Per molti, i Dark Ages non hanno più bisogno di presentazioni. La band veronese è una delle realtà più consolidate sulla scena progressive italiana e da poco è tornata con “Between Us”, il quinto capitolo di un’attività discografica iniziata ufficialmente nel 1991, con “Saturnalia” e, prima di oggi, ferma al 2017, quando vide la luce “A Closer Look”.

Il nuovo lavoro è da intendersi come un concept che racconta la crescita dell’essere umano al cospetto delle difficoltà e delle paure e che può rivolgersi a chiunque, in un mero senso di interiorizzazione delle liriche, in virtù dell’assenza di personaggi o di snodi narrativi veri e propri.

“Between Us” è un racconto universale, dunque, sorretto da sonorità progressive in perenne tensione fra rock e metal, ma dal grado di complessità e di ricchezza davvero importante.

I brani sono otto, dai ricami più classicheggianti di “Pristine Eyes” alle imprevedibili evoluzioni di “There Is No End”, ma nel mezzo s’incontra una quantità impressionante di spunti: “Showdown” che flirta con schemi da ballad jazz e poi esplode in lande metal, “The Villain King” dal retrogusto vagamente acidulo, le melodie dolci di “Beyond”, la follia creativa di “Our Lonely Shelter”, che nel suo lungo percorso accoglie e sintetizza un po’ tutto quello che viene accennato o sviluppato negli altri brani, le deflagrazioni metalliche di “The Great Escape” e l’epicità di “Riddle from the Stars”.

Ma, oltre tutto ciò, “Between Us” è un’opera unica, il cui valore è altro dalla somma dei singoli elementi e che giustifica, in maniera chiara e limpida, l’attesa di cinque anni per questo graditissimo ritorno. (Piergiuseppe Lippolis)