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JOHN STRADA  "Fra rovi & rose"
   (2022 )

Avete le idee chiare su chi possa essere considerato un rocker di razza? Sicuramente, quello che nella sua musica ci mette anima e viscere, che fa scorrere nelle vene quel buon sangue che non mente e non tradisce.

A uno come John Strada non gli vuoi riconoscere tutto questo? Un Artista (notare, prego, la “A” maiuscola...) che vanta oltre un trentennio di militanza e che, sul finire degli anni ‘90, pubblica il primo disco, e che calpesta tavole di palchi in giro per i continenti che contano, supportando calibri come Jefferson Airplane, The Commitmens, Southside Johnny and The Asbury Jukes... cosa gli vuoi dire?

Poi, quando pubblica il primo e unico album in inglese “Mongrei” arriva, finalmente, anche la meritata consacrazione di critica e pubblico. Senza montarsi la testa, John ha mantenuto fede alla sua concettualità di songwriter schietto ed onesto, sfornando prodotti altamente credibili e riconoscibili dalla sua griffe rock, soul, blues, come l’ottava tappa di oggi intitolata “Fra rovi e rose”: 10 brani dal profumo intenso a stelle e strisce che lo consegnano all’ennesima bella riconferma autoriale.

Firmando interamente la decade della tracklist, John non smarrisce la... Strada giusta, arricchendo la sua proposta anche di sterzate acustiche e stilemi squisitamente cantautorali. Cerimoniere dell’album è il solid-classic-rock di “Guarda alle stelle”, scelto non a caso come singolo trainante, mentre una dedica a Tom Waits è effigiata nella seguente “Wonderbar”, costellata in un pèrlage di bollicine soul-blues, mentre quando John ara terreni ballad, ci delizia con le splendide “Il brivido” e “Eneide 2020”, altamente fascinose e delicate.

Credo che, nell’animo del Nostro, sia sempre vivido l’ardente desiderio di rincorrere il sogno americano, che parte dalla sua natia Cento ed arriva nella terra dei pistoleri, e che si evince nello strato narrativo di “Dall’Emilia al West”, in un ricco shaker di banjo, fisa ed archi. Invece, quando sfila la più bella del reame “Stavolta dico no”, mi compiaccio di ritrovare una mia vecchia conoscenza come Enrico Cipollini (già con i grandi Underground Railroad) che, con la dobro e steel-guitar, conferisce al brano pregiate punteggiature American-roots e ce le inchioda in testa.

Ennesima chicca di un album riuscito e coeso, forgiato con grandi echi d’oltreoceano. Ripeto la domanda: cosa gli vuoi dire a uno come John Strada? (Max Casali)