recensioni dischi
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LUIGI MARIANO  "Mondo acido"
   (2022 )

Nella vita, ci sono poche e piccolissime certezze: una di queste è lo spazio temporale che si concede il cantautore salentino Luigi Mariano per rilasciare un nuovo album. State pur certi che, ogni 6 anni, tornerà per deliziarci col suo mondo scritturale variegato ed apprezzabile per finezza e fantasia.

Dopo “Asincrono” (2010) e “Canzoni all’angolo” (2016), arriva oggi “Mondo acido”, che non vuol essere propriamente un’invettiva contro quest’epoca sbilenca e spaesata ma, con siringhe filo-ironiche, Luigi vuole inoculare il suo semplice antidoto per tentare di invertire la rotta dello smarrimento e della rassegnazione, dettata dall’apatica routine che ci coinvolge un po' tutti.

Grazie al supporto di musicisti che ruotano da anni nell’entourage di Francesco De Gregori (Primiano Di Biase, Paolo Giovenchi, Alessandro Valle, Simone Talone), confeziona un dischetto godibile a 360°, saltellando dallo swing al rock, dal valzer al pop ricercato, nel quale la fossilizzazione stilistica è un problema che proprio non lo sfiora nemmeno da lontano.

Ci strappa sùbito un sorriso nella dilettevole titletrack, mentre già incombe quel prezioso invito a non stagnare mai con pensieri, idee e prospettive di vita in “Rifiorirai”, poiché solo l’azione potrà ridare smalto al nostro entusiasmo smarrito e malinconico, ma è una condizione che l’essere umano sembra vada a cercare, cosi perennemente insoddisfatto ed incapace di apprezzare le cose che ha, poiché ambisce a quelle che non possiede, cadendo nella trappola della “Odissea degli elementi”.

Oltremodo grazioso risulta il pop-rondò di “Errori di grammatica”, svisato da piccole ma efficaci sfumature assemblative. Certo è che, quando Mariano s’immerge nel ponderativo, sa evidenziare risvolti che contano, come quelli che ci vede inevitabilmente ancorati ai bei ricordi del passato, nonostante ne succedano altri anche in epoca recente, ma lo spirito finisce sempre per conservare quel condimento “Sotto sale” (episodio che si avvale della partecipazione di Bungaro) alla base di ciò che fu.

Tra blues e country-pop, in “Il figlio perfetto” Luigi sdrammatizza il fisiologico errore genitoriale di dare, spesso, più importanza al figlio che incarna una migliore prospettiva rispetto all’altro che si dimostra, invece, scomodo, che se ne infischia delle regole con ribellione incorporata: poi, una volta adulti, è facile che capiti il ribaltone comportamentale sancendo, cosi, l’errore educativo ed interpretativo.

La graziosa aere tra-la-là di “Cara routine” ci fa capire come il tran-tran quotidiano ci ha portati a spegnere la fiammella del brio e quella verve fondamentale per lo spirito-guida che donava spensieratezza, e che invece, il rimanere bloccati nell’ingorgo della monotonia ci porta dritti all’apatia asociale e asocializzante.

Alla toccante “Inverno 2063” spetta l’onore di chiudere l’opera, solcando la landa delle riflessioni sull’imminente fine-vita consapevole e non sofferente di un uomo vicinissimo al suo traguardo ultimo. Con un background fitto e stimabile di intensa attività live e collaborazioni varie, Luigi Mariano si rivela musicista ed autore sagace, sensibile, dalla profonda percezione delle cose che lo circondano e, anche se la speranza che si accorcino i tempi di uscita resta un nostro latente desiderio, non mettiamogli fretta: meglio sei anni piuttosto che perderne le tracce, no? (Max Casali)