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ANDREA PAVONI  "Canzoni in verticale"
   (2022 )

Al suo album di esordio, Andrea Pavoni, talentuoso pianista dalle visioni ermetiche, propone "Canzoni in verticale", raccolta che attraverso diciassette tracce di sapore ermetico parlano e raccontano le imprevedibilità di una vita possibile a essere tale soltanto scavalcando di slancio una asperità dopo l'altra.

Coinvolgimento composto di pezzi "in salita" che è nato in un periodo in salita: dalla genesi alla produzione, tutto è stato in salita e senza prendere fiato. Ammette Andrea Pavoni che "non ultimi anche gli arrangiamenti di ogni brano vanno in salita, essi sono gli elementi chiave del lavoro che si scrive in verticale tra una riga e l'altra. Questo è un disco di libertà, musica che è allo stesso tempo teoria e libertà".

Dentro questo lavoro c'è tutto il riferimento musicale dell'artista, che spazia dai Pink Floyd a Chick Corea, gli Yes ed Elton John. Ecco la profonda ironia e la spensieratezza di "Sabato sera", uno swing di stampo classico: finalmente a casa, tranquillamente. Anzi così, forse. La solitudine è anche sdrammatizzare su un invito andato buco. Ma l'amore è la unica valuta che si moltiplica per divisione, è l' unico dono che cresce quanto più se ne toglie. "Ho sonno e ho fame, non riesco a stare da solo e non pensare".

Il suono glittico che introduce profondità e spazi introspettivi in "La discussione" pare disporre di proprietà terapeutiche. È un tappeto ballad che dipinge una solitudine dominante, che influenza gli altri. Basta mostrare un po' di amore e qualcun altro afferrerà il punto e vi imiterà. Ma è ovviamente una ripidissima erta potere vincere il sentimento repulsivo: "Quando amo provo odio, se mi sentissi libero di essere. Per te".

Il gioco di fiducia e disillusione, che ritroviamo ne "Il castello di sabbia", non ha più le sfumature di un coro ed un finale marcatamente prog, ma una stentorea alternanza di finzione e realtà. Splendida la voce di Loredana Maiuri in duetto con Big Tia, davvero forti e profonde le percussioni di stampo folk mediterraneo e la proposta vocale che pare, attraverso la sua forza di volontà, esorcizzare uno spirito maligno.

Torna vivo il tema della disperazione in "Le parole del mare": intro che muove tra un soffuso rock e un più incalzante prog che nella seconda parte di pezzo si trasformerà in un grido: di comprensione, di comunicazione, di condivisione, scandito da una chitarra elettrica di stampo martellante. Il finale con il sax protagonista è limpido e apre la porta ad una speranza non solo di nome.

Molto interessante "Il campo di battaglia", trasposizione del rapporto assurdo che si ha con la guerra. Sfarfallio di pianoforte che arpeggia e apre il sipario ad una visione drammatica: "come è triste stare in questo campo di battaglia dove ci sono milioni di persone che aspettano la guerra. Occhi sgranati dei bambini che aspettano un giorno qualcuno che parli del loro papà". Ma ecco che la visione orrida ed incassata va a confluire in uno spettro di luce che è positività, certezza: "il loro pane tornerà in un silenzio che non soffoca il lamento".

Loredana Maiuri è primattrice con la sua voce in "Se non dovessi tornare", inno alla voglia di libertà, di inoltrare le parole inghiottendo le delusioni d'un fiato. Altra ballad per antonomasia con brillantezza di testo e di proposizione. Splendido crescendo jazz nel segno di trombone, sax e tastiera giocosa. Due sono le tracce strumentali del disco, l'Interludio parte 1, ancora contrassegnato dal gliptic sound che spicca nel lungo alternarsi di toniche di pianoforte, e soprattutto "L'ascensione di Cristo", talento cristallino che si fa ascoltare ad occhi chiusi, contemplando la bellezza della bellezza. (Leo Cotugno)