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AL LOVER  "Cosmic joke"
   (2022 )

Psichedelia elettronica, per descrivere in suoni quella razza di scherzo cosmico che siamo, in quanto esseri umani. Questo è “Cosmic Joke” di Al Lover, uscito per Fuzz Club Records. Un coloratissimo viaggio mentale, per il quale Al Lover fa uso di sostanze... acustiche, che pensavate? Sostanze acustiche disparate. Sintetizzatori analogici, drum machine, strumentazione dal vivo, insomma tutto l'occorrente necessario per un'esperienza avvolgente e impattante.

Punto di partenza è il brano “Stereoscopic view”, e già il titolo fa capire il tentativo di sinestesia, cioè di fondere i sensi: come può essere una visione stereoscopica, cioè un fattore di vista, con una qualità uditiva? D'altronde, essere sinestetici è una scelta tipica, di chi cerca di intrippare il fruitore. E a proposito di trip, i bpm scelti e il tipo di ritmiche non potevano che rimandare alla trip hop...

Il brano d'apertura, e il successivo “Parallel pathways”, sono dei loop ossessivi ed incalzanti. Ma la titletrack fa un effetto più forte, col suo basso acido che accompagna un suono melodico assai particolare. Sai quegli odori che rimandano subito a un ricordo, però impreciso? La stessa cosa, ma con un suono: evoca qualcosa di inafferrabile, ma presente nella memoria. Un “Cosmic Joke”, appunto. Qualcosa che, a livello inconscio, sappiamo tutti, ha a che fare con l'origine dell'universo.

“Ultimate reality question” è un oscuro interludio, con continui cambi armonici tra diminuiti e dissonanze, mentre arrivano sferraglianti campanelle tubolari e suoni elettronici cangianti, che ci raggiungono e poi si defilano. “Infinite impermanence” introduce note di chitarra, che rimbalzano nelle cuffie e poi parafrasate da arpeggi sintetici, regalandoci una sospensione affine a quella di "Excellent birds" di Peter Gabriel. Quella sensazione di attesa.

E si continua così, tra i suoni analogici altamente evocativi in “Order from chaos”, i ritmi à la Kraftwerk in “Integrated Paradox”, la trip hop ben riconoscibile in “Deep time / Complex system”, che ci fa navigare in un'atmosfera liquida ed avvolgente. I bassi ci sospingono al movimento in “A very mechanized dance”, proseguendo in questo caleidoscopio timbrico, fatto di tanti suoni e oscillazioni differenti.

Il ritmo si stoppa, per lasciarci in balìa di una centrifuga (arpeggiatore) in “Experiential feedback loop”, un'esperienza degna degli spunti di Moby. Il trip continua, sempre più intenso, con la pestata “Corresponding contradiction” e la più evanescente “Reverberative relationship”, ed infine l'ultima tappa, così tanto anni '90, “Linear return cycle”, che ricorda tanto il clima dei Massive Attack quanto dei Portishead.

Niente di nuovo, ma tanto di bello. Non serve essere sempre originali, quando si possono rimescolare carte già esistenti, in una maniera creativa come quella di Al Lover. Un escapismo quanto mai necessario, di questi tempi, che però, mettendoci di fronte alla complessità del reale, tramite i paradossi e gli ossimori evocati dai titoli, ci riporta, dopo la fuga intrippante, a contemplare l'assurdità del nostro tempo. (Gilberto Ongaro)