recensioni dischi
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L&S  "When the vowels fall"
   (2022 )

Così inaspettatamente misurato e accomodante, pervaso da sonorità gentili che ne fanno un compendio di psichedelia avvolgente, sebbene a tratti inquieta ed ipnotica, “When the vowels fall”, su label Sérotine Records/Tractor Notown, è il progetto che vede l’esordio sotto il moniker L&S del duo formato da Anthony Laguerre e G.W. Sok, eminenze grigie senza bisogno di presentazioni.

Da decenni abitanti di un ben celato ed adeguatamente decantato microcosmo off - il duraturo sodalizio Filiamotsa è solo una delle loro molte incarnazioni -, per l’occasione si avvalgono dell’apporto dell’orchestra Gradus Ad Musicam, diretta dal maestro François Legée e determinante nel conferire a queste otto tracce un’allure al contempo drammatica e melanconica, tesa quanto basta, ma per lunghi tratti carezzevole, trasognata, sfuggente.

Testi e voce sono affidati a G.W. Sok, la cui poetica, a lungo affinata non soltanto nella trentennale, memorabile militanza negli Ex, ma anche in ogni altra parentesi che lo ha visto protagonista negli ultimi due lustri (cito almeno Action Beat e Oiseaux-Tempête), si mette al servizio delle intense composizioni di Laguerre.

L’insieme assume di volta in volta le sembianze cangianti di brani fluidi che i due plasmano come argilla, mutando forma e intenti a seconda dell’estro del momento: dai marcati accenti psych tra Pink Floyd e Genesis dell’opener “Brother Bomb Blues” alla cadenza battente à la Poison Arrows di “Utter matter”, forse l’episodio strutturalmente più vicino al mainstream-as-we-know-it; dallo spoken word di “Medicine”, sorretta da fiati ed archi ed incuneata in un registro prossimo a David Tibet, all’oceano di costipata tensione sulla falsariga degli Swans più accomodanti in “For you, my love”; dagli echi neoclassici – Schönberg, addirittura? – di “Down goes to blue” al post-rock slintiano di “Can’t breathe”; dalle dissonanze e dai controtempi singhiozzanti di “Krant & Schaar” al commiato dimesso di “A case of fire”, brano totemico che chiude l’album riportando inevitabilmente alla stasi introversa dei For Carnation.

Sono sette minuti e mezzo sospesi nel tempo, segnati dai morbidi accenti delle spazzole e dal crooning ieratico di G.W. Sok, che va a ripescare dal serbatoio della memoria luoghi, attimi, fantasmi difficili da cancellare, prima che un violino dolce e straziato li inghiotta. There’s only this much you can do, when someone catches fire. (Manuel Maverna)