recensioni dischi
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BLACK MARKET KARMA  "Aped flair & hijacked ideas"
   (2022 )

Amanti del sound inglese anni '90 fatevi avanti! A voi è indirizzato questo disco, voi che vivete di Oasis, Smiths e di Brithpop, anche se qui di pop ce n’è poco, e per fortuna direte voi!

Così avrei volentieri iniziato questa recensione, forte di positivi articoli letti sui precedenti lavori dei Black Market Karma. ''Psichedelia anni '60'' potrebbe essere invece il titolo più calzante. L’ossessione e la ripetitività delle basi ha molto di quei tempi, ma posso tranquillamente dirvi che ho fatto molta fatica a capire il disco.

Mi sono approcciato ad ''Aped Flair & Hijacked Ideas'' con ottimismo e positività, vacillate durante l’ascolto delle singole tracce. Vorrei sapere perché ''In My Child Mind'' il pezzo dura 4:23, quando avrebbe benissimo finire a 3:02 preservandoci da un minuto di ripetitività piuttosto banale che non aggiunge nulla, anzi.

Le tracce successive si ascoltano con la giusta malinconia per gli anni '90, suonati però con strumenti dei '60, ma a confronto potrei dire: quanto suonavano bene quei dischi!

Proseguiamo, si arriva al vibrato di ''Jumble Jumble'', mi chiedo perché usare il vibrato, vabbè, si passa alla traccia successiva. Si ha quasi un tuffo al cuore quando si ascoltano le prime note di ''The sunshine maker'', note positive che, come lascia intendere il titolo, trasmettono positività e voglia di vivere, il pezzo diventa un po' rindondante, ma direi che la psichedelia degli anni '60 è rispettata.

''Urchin'' ha un cantato che sa di già sentito e che richiama la prima parte di ''Cadet#2187'', un proseguimento sonoro curioso. Si aprono un poco i suoni in ''A Crying Shame'' anche se il testo, molto introverso (''rimango da solo con me stesso perso in quell’angolo della mente''), trasuda malinconia e solitudine. E poi ci sono gli oltre nove, dicasi nove, minuti di ''Ace's Trip Through The Cosmic Ether'', un bel viaggio cosmico nell’iperspazio e alla fine del disco. Del quale mi rimarrà il tono melanconico del leader Stanley Belton e alcuni suoni che mi rimbalzeranno in testa per un po’. (Marco Camozzi)