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KABUKI DREAM  "Abstract"
   (2022 )

Sintetizzatori modulari, costruiti dagli stessi musicisti, accanto al piano elettrico, su una spesso fitta tessitura di percussioni elettroniche. Uscito per la Veidt Records, “Abstract” dei Kabuki Dream è questo. Un paradiso artificiale, un ambiente sci-fi immerso nella synthwave. In certi passaggi, l'esperienza ricorda quella ipnotica del progetto Slow Wave Sleep.

Il titolo “Giorgio MorOrwell” fa subito pensare al brano dei Daft Punk “Giorgio By Moroder”, ma l'unica cosa che ha in comune con esso, è che l'elemento centrale del brano è un ossessivo loop dal suono saturo. Un po' fa ricordare la musica 16bit del videogioco “Stunts 4D Sports Driving” del 1990, ma con produzione tridimensionale. La storpiatura del cognome però, che inserisce Orwell, è una spia dell'ispirazione dalle distopie letterarie. Come per i lavori precedenti, gli spunti partono da George Orwell e Philip K. Dick. Ancora una volta, fantascienza ed elettronica in matrimonio; è una lunga tradizione per pianisti e tastieristi; anche Fabio Liberatori, ad esempio, nel 2002 fece uscire “The Asimov Assembly”, dedicato ovviamente ad Isaac Asimov.

L'album è omogeneo ma non monotono. Si nuota tra i vasti panorami di “Cyber-Ronin” e negli spazi eterei di “Nebula” e “Persepolis”. “Verità non verità” procede su questa direzione gassosa, almeno fino all'ultimo minuto, dove parte un kick (per i profani: parte il tunz tunz tunz, senza la z). In “Magnetism” i Kabuki Dream si divertono a colorare i suoni con i filtri, rendendoli più... pescosi! Consentitemelo, questo aggettivo senza senso. E' che quando i suoni sintetici vengono “aspirati” in quel modo dal cut off, li percepisco “succosi” come una pesca. Lasciate perdere, sono trip da tastieristi!

Il piano elettrico ci trasporta in un clima onirico in “Star bridge”, mentre suoni più nasali ci introducono in un allegro “Your coaches”, dove nascosta fa capolino una voce in falsetto. La maggior parte del disco è strumentale, si comunica con i suoni. L'atmosfera si fa più cupa in “Lethargic pachiderma”, dove compare l'assolo di chitarra di Jack Ceccarelli, che mantiene l'intenzione drammatica; ma il disco termina in chiave positiva, con la luminosa “Away”.

Un viaggione mentale, apprezzabile da tutti come colonna sonora, ma soprattutto dai tastieristi! (Gilberto Ongaro)