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ROTTEN MIND  "Unflavored"
   (2022 )

Per coloro che intendessero accingersi all’ascolto del presente disco, un suggerimento amichevole: prima di premere play, prendete fiato come se foste sul punto di immergervi per una discesa (in apnea) nel Maelström.

E siate avvisati: è perfettamente inutile che aspettiate una flessione, un calo, una pausa per i successivi quaranta minuti. Spoiler: non avrete tregua, né alcuna pietà da parte di questo quartetto svedese che risponde al nome di Rotten Mind.

Formatisi ad Uppsala nel 2015, Jakob Arvidsson (voce e chitarra), Liz Panella (basso), Johan Sverredal (chitarra) e Victor Nordin (batteria) pubblicano per Lovely Records le dodici tracce assassine di “Unflavored”, quinto album della loro ancor giovane carriera, un frenetico assalto all’arma bianca, inattesa beatitudine elettrica in tempi che vedono le chitarre relegate talvolta ad un ruolo da comprimarie.

Il canone è semplice, addirittura elementare, Watson: dodici bordate di post-punk feroce lanciate a mille all’ora, condite da una bella scrittura fluida e lucida quasi sempre in minore, da un canto aggressivo ma non troppo, da un drumming forsennato e da una serie infinita di ganci, ritornelloni, melodie ampie ed evidenti, pur nel gioioso frastuono che le accompagna. Echi di X e Cure marcano un susseguirsi ininterrotto di pezzoni squadrati in quattro quarti con la cassa dritta e un florilegio di idee al servizio di una verve inesauribile: l’atout vincente sta tutto nel tiro micidiale che l’album non perde mai, senza che vi sia molto da dire, da spiegare, da interpretare, da leggere sottotraccia o fuor di metafora.

E se alla strofa di “Die young” manca appena qualche sfumatura del gorgheggio gutturale di Robert Smith per suonare come una outtake di “Three imaginary boys”, le percussioni incalzanti di “(I ain’t) one to talk to” ricordano l’incedere martellante di “The figurehead”, l’accelerazione di “No dedication” sa di Interpol, “Empty generation” sfiora perfino i Killers meno accomodanti e così via in una calderone ribollente di creatività e guizzi anthemici, tra gli ultimi Iceage e i Membranes post-reunion.

Dall’abbrivio motorik dell’opener “Inflammable” fino al marasma di distorsioni in crescendo che scuotono “Filled with poison” in chiusura, passando per il mid-tempo d’antan di “Serpente eyes”, per la cavalcata a rotta di collo à la Crusades di “Degenerates” e per il giro micidiale di “Drifter” (quasi i Jimmy Eat World), “Unflavored” è una cornucopia di trucchi e magheggi per gli adepti del culto, che felici e gaudenti possono perdersi in un oceano di delay, flanger, riverberi vari, cori, bassi profondi, tastieroni retrò, fraseggi allucinati, ritmi incalzanti e un generale entusiasmo senza tempo che lo scorrere degli anni non riuscirà a scalfire. (Manuel Maverna)