recensioni dischi
   torna all'elenco


NABELÓSE  "Omokentro"
   (2022 )

Quando un corno francese vuole fare paura, lo fa. La prima nota di questo disco arriva direttamente da destra, e ti viene d'istinto di girarti a controllare chi sia arrivato. Solo questo, per dire che grande lavoro di spazializzazione ci sia in questo “Omokentro”, album (uscito per Bohemian Drips Records) del duo Nabelóse, che in 5 brani danno mostra della loro creatività nella musica minimale. Registrato in audio binaurale (stereofonia “Kunstkopf”), per avere la sensazione di essere lì da loro.

Una al corno francese, l'altra al pianoforte preparato (scuola Cage), Elena Kakaliagou e Ingrid Schmoliner esplorano i propri strumenti, andando in molteplici direzioni, spesso inaspettate. In “Tauchen”, ad un certo punto il corno sembra “soffiarsi il naso”...

In “Kern”, il suono del piano è a tratti irriconoscibile. Gli oggetti modificano pesantemente il timbro, del resto, questa è la “preparazione” che si intende, quando si dice “pianoforte preparato”: sono oggetti non convenzionali, posti sulle corde del pianoforte, per farle vibrare diversamente. Se non fraintendo, questi due brani, “Tauchen” e “Kern”, sono registrati nello spazio di un bacino idrico, per esplorarne l'acustica.

I tre brani successivi invece, sono performance dal vivo, con la presenza del pubblico. Questo è impattante, per il duo, che si basa sull'interazione. Oltre agli strumenti, le musiciste utilizzano anche la propria voce, in “Walking”. La melodia cantata, ora sola, ora accompagnata dal corno, è malinconica ma attira magneticamente l'attenzione, non si può stoppare durante l'ascolto, sarebbe un peccato.

L'esperienza binaurale torna ad essere particolarmente forte in “Wolf's path”, sentendosi avvolti dagli avvenimenti. Queste note di pianoforte sembrano rintocchi di sinistri orologi a pendolo. L'avanguardia al servizio dell'effetto, ogni tanto si concede di uscire dall'intellettualismo. Ed infine, una melodia proveniente dall'isola greca di Skyros, diventa il materiale di partenza per “Amygdalaki”.

Minimale, avvolgente, sperimentale ed oscuro. (Gilberto Ongaro)