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PETRINA  "L’età del disordine"
   (2022 )

Il bello di questo disco è la sensazione nitida, avvolgente, quasi tangibile che qualcosa di intelligente e storto stia agitandosi tra le pieghe di pezzi ingannevolmente travestiti da canzoni pop.

Offerti con garbo e grazia da Petrina, che tra riconoscimenti di rilievo, frequentazioni importanti, reiterate affermazioni professionali, incursioni in territori di confine (danza, regia e molto altro), encomi vari, da vent’anni e più nutre con rara acutezza la sua idea di arte fluida, sempre al servizio di una concezione dello spettacolo onnicomprensiva e svincolata dai canoni.

Interamente cantato in italiano, composto e suonato dalla stessa Petrina con l’ausilio di Marco Fasolo dei Jennifer Gentle in qualità di co-arrangiatore, “L’età del disordine” è il quinto album di una carriera costellata di soddisfazioni, un lavoro delizioso a prescindere, spartito tra un’anima da cantautorato impegnato fra Cristina Donà e Paolo Benvegnù (“Era ieri”) e numeri solo in apparenza più leggeri.

A tratti addirittura opulente nella loro poetica ricercatezza lessicale, composizioni trasognate ed intense richiamano certe profondità à la Ivano Fossati (“Piccola cicatrice”, gemma in chiusura), alternandosi ad episodi improntati ad una maggiore lievità, nei quali Petrina dispensa la sua vocalità cangiante con classe e misura.

“Begonie” esordisce in un registro flautato su un’aria monocorde con un testo manicale sì, ma gentile a suo modo: segna il territorio, detta i tempi, dichiara il programma. Mantiene le promesse – eccome – l’incipit di una “Cocktailchemico” alla quale manca forse solo la chitarra disturbata di Giorgio Canali in sottofondo per ricordare – e non poco – una cadenza in stile Ferretti/Zamboni; cresce sinuosa l’aria ondivaga à la Roberta Giallo di “Ginnastica”; confondono gli arzigogoli latineggianti di “Panorami-che”; spinge furbetta “Amore è cieco”, che sembra pescata dal repertorio della migliore Giorgieness.

Presenze tanto invisibili quanto percepibili: Alteria (“Cuore nero”, cattivella anzichenò), Maria Antonietta, Mèsa, Eleonora Betti (“Cosa sai di me”). Ma c’è soprattutto molta Petrina, personalità strabordante ed una creatività indomita al servizio di brani intriganti, mai superficiali, nemmeno quando flirtano con una musicalità più seduttiva e con tematiche fantasiose al limite della gag: è grazie al passo da chanson francaise o al taglio sudamericano da Vinicio Capossela che episodi come “Astronauta” o “Jingle” conservano intatto un tocco di vibrante intimismo ed un fascino antico, nonostante flirtino con un’accessibilità appena più arrendevole.

“L’età del disordine” è tutto qui: una collezione di piccole perle, disco prezioso che svela poco a poco la sua elegante malia. (Manuel Maverna)