recensioni dischi
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IGOR LEGARI  "Arbo"
   (2022 )

Ma perché solo i musicisti possono improvvisare nel free jazz? Perché non può improvvisare anche chi scrive articoli, a flusso di coscienza, per vedere che ne esce? Una recensione jazz! Assolo di penna!

Arbo è “albero” in esperanto, esperimento che dalla fine dell'Ottocento tenta disperatamente di unire tutti i popoli in una sola lingua, che sia comprensibile possibilmente da tutti. Che forse anche il jazz sia un tentativo di esperanto musicale? “Ehi tu Marco, vieni qua con quel tubo, facci sentire cosa sai fare!” “Dubududà piripì...” “Eh, niente male al sax, il ragazz...” “BRAAAAH!” “Ahia! Che cos'era quello?” “Niente Igor, era selvaggismo futurista”. “Sì insomma, casino!” “Eh sì casino, però detto meglio!” “Va bene, ragazzi, ripartiamo insieme al quat...” “SDSH!” “Ermanno! Al quattro ho detto! Mi hai cavato un orecchio con quel piatto!” “Scusa Igor, volevo provare anch'io il selvaggismo!” “Sentite, qua il capo sono io, lasciatemi almeno dirigere la titletrack!” “Ah certo, quella te la lasciamo!” Senti che bel contrabbasso, daje! “Però adesso proviamo a fare qualcosa in 5/4”. “5/4? Facciamo Take Five?” “No, 'Malachi'!” “Gordo! One two three four five...” “Eh qui non si scherza, con Malachi Favors e l'Art Ensemble of Chicago”. “Esatto Ermanno, largo all'avanguardia!” “Ok bravi, ora dobbiamo imitare i movimenti di un ocelot” “Oce che?” “Ocelot, Marco! Un felino, simile al leopardo!” “Ah ok, vediamo, un felino... Allora niente sax, facciamo che stavolta suono il flauto!” “Perché?” “Perché ha il suono felpato!” “...”

E così, i nostri eroi realizzano un disco, uscito per la Folderol Records, che cerca di inventarsi un sound, che tragga ispirazione da un retroterra culturale di fantasia, delle tradizioni musicali immaginarie, un folk più letterario che realmente proveniente da un'etnia. Ecco perché da “Roca”, ispirata al Salento, finiamo all'”Ultima Thule”, intesa sia come l'isola immaginaria che il corpo celeste più lontano nell'universo conosciuto. Questo pretesto fantasioso dà luogo ad un jazz inafferrabile, che non sempre si siede sugli stilemi free. Ad esempio, in “Bom” Marco Colonna dipinge immagini col proprio sassofono, è un'operazione quasi imitativa di un qualcosa visto in natura, piuttosto che l'improvvisazione su scale ed armonie. Igor Legari, contrabbassista e ideatore del progetto, completa il trio con Ermanno Baron alla batteria. Un'anarchia complessa e creativa, ma che bisogna essere nella giornata adatta, per seguirla! (Gilberto Ongaro)