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LUCIO MATRICARDI  "Non torno a casa da tre giorni"
   (2022 )

Cantante e compositore marchigiano di grande eclettismo, Lucio Matricardi torna dopo una assenza di sei anni con il suo secondo album "Non torno a casa da tre giorni", in cui avvertiamo vivissimo quel bisogno di comunicare ma anche di costruire una realtà nuova: quella di un viaggio appena cominciato dove si è perso un senso di identità da ritrovare.

Proprio perché perso all' inizio del viaggio, questo traguardo diviene una sorta di missione che ci porta attraverso lo smarrimento del senso dei propri confini di geografia e di identità, a ritrovare le luci per mezzo delle crepe degli altri entrate nel proprio mondo.

Un concept album che si compone di undici tracce, quello elaborato dal bravissimo artista di Porto San Giorgio, e che si avvale di una eccezionale presenza, quella di Daniele Di Bonaventura, uno dei più importanti nomi mondiali del bandoneon, già collaboratore stretto di Paolo Fresu; ma se nel precedente ''Sogno protetto'' si coglievano i puri crismi del cantautorato, questo è un prodotto che ha dentro anche una non comune raffinatezza.

Iniziamo con ''Mozambico'', il brano che inaugura il disco e che racconta l'avventura di un amico fraterno in una atmosfera ritmata di bossa nova, scandita dal bandoneon che apre, e dal profumo di amore che si intreccia sulle note di un violino sino a entrare in una dimensione più jazzistica, con il finale di sax e pianoforte in duetto stretto. Ginocchia di sale, sole caldo e amore: "tutto quello che mi rimane, solo un foglio e la voce di un uomo".

''Hanno ammazzato'' è una ricerca di cognizione del dolore che transita per la perdita di un ragazzo che si portava dentro al cuore, tolto di mezzo dalla più bieca delle malattie, l'indifferenza. Solo, il giovane Nino, innamorato di una vita che corre troppo veloce, "ucciso da un coltello per il dolce ed una forchetta di parole, ucciso dagli amici". Ma a chi lo ha amato rimarrà un frammento del suo viso, non c'è trucco, non c'è inganno.

È sempre il bandoneon ad aprire questa intensa ballad, così come lo farà anche nella successiva ''Gioia clandestina'', storia d'amore velata da profondi ricordi e da un velo di tristezza. "Ogni volta che guardo dentro agli occhi tuoi mi viene voglia di ascoltarti, ma senza rubarti il sole". Un pianoforte che accarezza, un flauto giocoso ed intenso, una amarezza che vela il finale, le persone non sanno amare se non per commiserazione.

''La manna dal cielo'' ed ''I capelli di Elena'' sono indubbiamente i due motivi che sorreggono il bellissimo disco di Lucio Matricardi. Ispirato il primo ad una storia vera di privazioni e sacrifici, inviti spietati "a sudare e farsi divorare la carne dal sole in attesa di un funerale tra le bacche amare". Ode al sapore forte deandreiano - pare davvero di essere catapultati nella canzone di accusa e commemorazione tanto cara a Fabrizio De André - dedicata alla Madonna, all'arcolaio ed al cielo. Delicata nella sua seconda parte dopo un crescere di emozioni in musica e parole.

La seconda, che ha anticipato l'uscita dell'album, è una dedica ad una ragazza che compare per regalare gioia a tutte le forze del suo inossidabile mondo fatto di dolcezza ed amore per le piccole cose.

Questo è un disco da ascoltare e meditare godendo della bellezza, alla fine del viaggio tutti noi avremo riconquistato la libertà di essere in un mondo che ci ama per quello che siamo e non per quello che si crede. Con la raggiunta, vera identità non più solo un miraggio. (Leo Cotugno)