recensioni dischi
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LARSEN & ALESSANDRO SCIARAFFA  "Golden leaf"
   (2022 )

Cucina e musica, gusto e udito. Questi due sensi vengono poco spesso associati, come invece accade più spesso con vista e udito. Uscito per Important Records, “Golden Leaf” dei Larsen con Alessandro Sciaraffa, raccoglie 40 minuti, estratti da 4 ore di performance che la band sperimentale italiana, assieme a Sciaraffa (musicista elettronico fondatore del collettivo musicale Whyoff), hanno eseguito a un evento segreto a Torino, durante la preparazione di piatti dello chef Gabriele Gatti (partecipante alla sesta edizione di Masterchef).

Dev'essere stato curioso, associare quei piatti ai suoni. E chissà che sapori corrispondevano, a questa elettronica ambientale. Se leggiamo l'organico degli strumenti, alcuni non li riconosciamo: chitarra, viola elettrica, fisarmonica, glockenspiel... dove? Mentre i synth modulari, ecco, possono essere intuibili. Ogni musicista si occupa anche della gestione di un “sound totem”, un tipo innovativo di diffusore, e dev'essere il posizionamento di questi totem ad avere reso possibile l'interazione tra creazione culinaria e sonora.

Ancora non ho descritto la musica, lo so. I 47 minuti sono divisi in due tracce da 23 minuti e rotti. Ah ecco, sono arrivato alla seconda metà della seconda parte, e si sente la chitarra, anche effettata con un bel tremolo e chorus. Fino a quel momento, sentiamo successioni di suoni continui e rumori frastagliati lungo tutto il tempo. Non è musica concreta, ma l'approccio sperimentale verte sulla gestione in diretta dei suoni. Non avendo potuto assistere all'evento... gastromusicale, possiamo intuire le intenzioni da una performance di Alessandro Sciaraffa in museo: “Shaping the shadow”, riportata su YouTube. Vediamo un disco bianco rotante a terra, come da vasaio, e Sciaraffa alle prese con una grande stoffa nera, che è l'ombra appunto, ma che genera rumori assieme al disco, e lasciandosi manipolare dall'artista, genera modifiche anche importanti nel suono. Si mescolano tatto e udito qui. Immagino sia stato qualcosa del genere.

Il tutto è molto ipnotico ed avvolgente. Resta il fatto che l'esito sonoro, tolto dal contesto che l'ha generato, lascia la curiosità di sapere cosa ci siamo persi, ed è difficile afferrare correttamente questa serie di stimoli uditivi, senza assistere all'esecuzione dal vivo, con lo chef all'opera. (Gilberto Ongaro)