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CHRISTINE ABDELNOUR & ANDY MOOR  "Unprotected sleep"
   (2022 )

Avete mai avuto una paralisi del sonno? Io sì, dannazione. Stavo vedendo in sogno un'ombra oscura, agitata e pure rumorosa, simile (ma non uguale) a un dissennatore di Harry Potter, per capirci; mi sveglio guardando in alto, e quella cosa ce l'avevo ancora davanti agli occhi. Sembrava uscire vorticosamente da me, per schizzare via verso il soffitto, che la assorbiva. Ho continuato a udire il boato, finché l'ombra non è sparita del tutto; e finché non è sparita del tutto, il mio corpo non poteva muoversi. Non la consiglio a nessuno, questa esperienza.

Queste illusioni vengono dette ipnagogiche, e si possono avere in questo spazio a metà tra il sonno e la veglia. Da queste visioni prendono ispirazione Christine Abdelnour al sassofono, ed Andy Moor alla chitarra (già storico chitarrista dei The Ex), per il loro processo di improvvisazione. Dialogano coi loro due strumenti nella ricerca del timbro, senza badare alla teoria musicale in senso stretto: solo suono. La chitarra per la maggior parte del tempo resta riconoscibile, nonostante le pressioni non convenzionali sullo strumento. È il sassofono che subisce la più forte trasformazione, spesso non si riconosce più.

Prende forma così “Unprotected Sleep”, uscito per Unsounds Records. Tale etichetta è solita proporre musica con questo approccio radicalmente sperimentale; quest'anno abbiamo già incontrato Andy Moor, che lasciava giocare il figlio piccolo con la chitarra, per realizzare il suo “Music for a safe piece” (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=8967). Lì, permetteva al bambino di prendere la chitarra a pallonate, per registrarne il suono. Qui stavolta Moor fa tutto da solo, strattonando le corde in “Compartment 5” fino a farle suonare come molle, mentre accompagna Abdelnour che fa di tutto per camuffare il suo strumento, evidenziandone il lato rumoroso e il fiato, in sfavore delle note. In “Telephone”, abbiamo un dialogo tra questo sassofono ogm, e il segnale di linea libera di un vecchio telefono fisso. Questo punto può essere particolarmente ansiogeno, per chi ha paura dell'attesa durante le chiamate.

Rubando spudoratamente un'espressione tipica del nostro super recensore Manuel Maverna, l'album veleggia disinvolto tra strisciamenti di corde, e increspature d'aria intubata, improvvisando un esilarante ritmo al centro di “Exchanging oversize chrome objects”, per poi fare “le fusa” in “Building ontop of ourselves”. Se questa è la colonna sonora delle visioni ipnagogiche di Abdelnour e Moor, beh... devono essere ben più intriganti, della stupida ombra che ho visto io! (Gilberto Ongaro)