recensioni dischi
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PAOLO RECCHIA  "Imaginary place"
   (2023 )

Costruire un pianeta immaginario nel quale la musica possa raggiungere un elevatissimo grado emozionale, in grado di fare suscitare le più profonde sensazioni già al primo ascolto. È tutto questo che deriviamo dal nuovo lavoro di Paolo Recchia, musicista di sensibilità straordinaria e che in questo disco va a fondere armoniosamente la grande tradizione jazz con le suggestioni che lo stesso artista di Fondi e i tre eccezionali componenti il quartetto - Luca Mannutza al pianoforte, il contrabbassista Giuseppe Romagnoli ed il batterista Nicola Angelucci, legati da una lunga e profonda amicizia - hanno saputo creare.

Otto tracce per quasi cinquanta minuti di ascolto che sublima unendo il classicheggiante, visibile in ''Work'', celebre composizione del virtuoso Thelonious Monk, ad elementi contemporanei che vanno a mescolarsi in una simbiosi di estro e creatività di livello eccezionale.

In ''Wee'', distintivo degli umori molto spesso capricciosi di un altro brillante esponente del jazz più imprevedibile nei suoi elementi qual è stato Denzil Best, vibriamo agli esordi brillanti del sax e della vertiginosa batteria, tesa ad accogliere tutte le vibrazioni che solo questo artista riesce ad esprimere in un crescere vorticoso poi votato ad un tranquillo incedere di pianoforte e dosato dal contrabbasso.

Ecco venire fuori l'immenso corredo musicale nella affascinante ''Zhivago'', perla di Kurt Rosenwinkel nella quale la batteria accompagna gli atti più notevoli della musica, un elettrizzante saliscendi di libertà esibita in tutto il suo librarsi. Così come pezzo di grande portata è ''Emmanina'', composto dallo stesso Paolo Recchia ma che vede la partecipazione compositiva dell'intero quartetto.

Un disco da ascoltare con intensità, tanto rapisce e genera dentro: la espressione di un intendere limitarsi ad un passato relativamente recente e un presente che insieme rispecchino il più sinceramente possibile tutta la forza propulsiva del jazz. La profonda intesa musicale maturata nel tempo da Paolo Recchia e dai componenti il quartetto si è avvalsa anche di microfoni vintage per fare sì che il suono fuoriesca più naturale e schietto: ed il risultato lo lasciamo a tutti gli ascoltatori perché ci lascerà... senza fiato. (Leo Cotugno)