recensioni dischi
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SPERMIAGRUMI  "Petus"
   (2023 )

Occhei, alla larga bacchettoni di ogni cosa. Della morale, ma anche della musica, della logica e della gramattica. Qui siamo al grado zero della musica. Nel senso che, quel che fanno gli Spermiagrumi (rileggete bene, non c'è scritto spremiagrumi), non è solo banalmente “provocatorio” dal punto di vista sessuale, che ormai saranno 70 anni che il rock'n'roll ha buttato giù i tabù. Questo è provocatorio anche per i musicisti. Intanto l'album si chiama “Petus”, e questo sarebbe un “omaggio” a “Fetus” di Franco Battiato, quindi potete capire il grado infantile di irriverenza.

Echi di Freak Antoni nel modo di cantare in “Turismo sessuale”, ma anche cori in falsetto in “Ritmo della jungla” che ricordano quelli di Elio e le Storie Tese in “Vacanza alternativa”. Ma non è solo demenziale, anche se la bighellonaggine è costante. L'idea di fondo, che rende tutto caotico, è un'improvvisazione radicale. Si va oltre il free jazz, anche perché il sound più frequente è un lo-fi à la Bugo, sia in elettrico che in acustico (come in “Vaselina”, suddivisa in una parte principale e cinque reprise di pochi secondi diffuse nella scaletta); inoltre, gli Spermiagrumi hanno improvvisato senza darsi nessun canovaccio di base. Sia per quanto riguarda le strutture musicali, che i testi (qualcuno ricorderà il gezz). La definiscono “improvvisazione irrazionale”, e infatti spesso si parte da una frase ripetuta più volte, finché non si mette in moto un gioco di parole, come in “Scimitarre (include Ummamamao)”: “Mi si è rotta la chiave nella topa, nella topa, nella toponomastica (…) di topa astratta, è pieno di roba, ci sono gli alieni...”

Oppure il blues disperato “Senz'acqua”: “Risorse idriche al minimo, secchezza delle fauci, anche quelle intime, c'ho le fauci secche. Manca l'acqua, manca l'acqua (...) Gaia come farà? Con poca acqua e tanta gente, Gaia come farà la gente in kayak senz'acqua?”. Che nella ripresa, dopo un bel po' di tracce, giunge alla risposta: “Per fortuna che c'è il Gatorade”. Gustosa “Itis”, che elenca le materie scolastiche: “Geografia, religione, italiano (...) educazione tecnica, educazione fisica, pranzo in mensa”. Esilarante “Spettro sabaudo”, di cui non vi rivelo la rima. Poi, i nostri tre simpaticoni si divertono anche con gli effetti vocali, e con la voce ingrossata arriva “I am the Diavolo”: “Son cattivone, molto cattivone, ti metto tanta paurina perché sono il Diavolo (...) io non perdono ma ti faccio un dono”.

Vogliamo parlare di concept album? Parliamo di concept album! Perché prima arriva “Fammi entrare”, che inizia il concept: “Dammi il benvenuto dentro di te, come un inquilino assai gradito. Fammi entrare dentro di te, dalla porta di servizio, è un vizio”. Dopodiché, arrivano i 57 secondi di “Mi accontento”, che completano il tema: “Mi accontento del tuo culo, mi accontento del tuo culo...” E dopo di questo, ecco la terza reprise di “Vaselina”. Aureo, no?

Vogliamo esagerare? Nella suite finale, che è la titletrack “Petus”, della durata di ben 46 minuti, la voce dichiara quello che era già ovvio: “Parodia del cantautore impegnato, parodia del cantautore triste, parodia del cantautore difficile che fa tanti accordi che non conosce”. Pleonastico, no? Oppure, è un recupero del teatro di Brecht, che si distacca da ciò che esso stesso mette in scena. Al netto della comparsa poi di una “barretta proteica al gusto di merda”, le “ranocchie acide” e la “luna di Loano”, “Sto diventando Riccione”, “Adoro le cartilagini, adoro leccarti gli argini (…) leccarti, legarti, le carte, briscola”, e tante altre squisitezze lessicali!

Da notare l'abilità al pianoforte, durante questa lunga suite finale. Ma questo lavoro, più che musicale, sembra teatrale, qualcosa che ha a che fare con l'improvvisazione attoriale, più che quella jazzistica. La ripetizione della trivialità diventa straniante, surreale. Ma soprattutto, gli Spermiagrumi ci pongono domande esistenziali fondamentali: “A cosa servono i peli del culo?”. (Gilberto Ongaro)