recensioni dischi
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MOTIONSICK  "The inner side"
   (2023 )

I Motionsick sono Raphael Hess, Pablo Zwischenberger, Gabriel Zwischenberger e Kajetan Abber, quartetto austriaco al debutto su etichetta Rasselbande Records con i trentasei minuti soffocanti e solidi di “The Inner Side”, discesa agli inferi senza ritorno.

Concept che riproduce il viaggio contorto in/di una mente disturbata alle prese coi molti demoni che la abitano, propone dieci tracce e quattro intermezzi aggressivi ed oscuri, feroci e tenebrosi, un compendio di negatività esaltato sia dalla scrittura tesa e nervosa, sia da curati arrangiamenti che raccolgono con maestria l’eredità del nu-metal d’antan.

Elegantemente rifinito nei dettagli, non solo grafici, vede la realizzazione di un cortometraggio e di numerosi video come supporto ed accompagnamento per quasi tutte le tracce, sviluppate all’insegna di un chitarrismo saturo, denso, roboante, figlio di molti padri, eppure ben declinato, non senza adeguato sfoggio di personalità.

Atmosfere malate e opprimenti condite da scatti psicotici e da un canto che indulge spesso e volentieri ad uno screamo molto simile a quello di Jordan Dreyer dei La Dispute (anche se in “Mythomaniac” sembra di trovarsi di fronte a Zack De La Rocha) sospingono sull’orlo del baratro brani squadrati, appoggiati a riff massicci e repentine impennate.

Tra vestigia sparse di Tool (“Sisyphus”), virate psych in zona Swervedriver (“Sick”), esplosioni violentissime (“Slug”) e inserti melodici memorabili (“Encrypted”), i pezzi richiamano ora gli Slipknot ora il Reverendo, ma anche Sunny Day Real Estate (sic!) e perfino certi Linkin Park periodo “A thousand suns” (“The shed”): i testi sono profondi e bui, il sound è pieno e veemente, il lavoro di produzione conferisce all’album un’intensa efficacia. (Manuel Maverna)